lunedì 27 ottobre 2008

Prosegue la mobilitazione

Cari Compagni,


in questi giorni d'intensa attività abbiamo seguito poco questo blog, da una parte ciò vuol dire che i compagni non hanno neanche il tempo di sedersi al computer, dall'altro significa non tenere informati i propri lettori.
Nelle università la protesta inizia ad avere un'organizzazione sorprendente, formatosi da una settimana circa il coordinamento interfacoltà gli studenti in agitazione si son dati un nome: Unica-Mente contro la 133. A tal proposito hanno tirato su in brevissimo tempo un portale Web che raccoglie iniziative, materiale e quant'altro riguardi la mobilitazione a Cagliari e non solo.




Anche gli studenti medi iniziano a dare gambe oltre che voce alla mobilitazione, dopo i diversi cortei spontanei che in questi giorni avrete visto su TV e giornali inizia per loro un embrione organizzativo. Nel mediocampidano in particolare la protesta ha toni incredibili e questo è un importante blog creato dagli studenti in agitazione:





C'è da dire inoltre che i Giovani Comunisti sono impegnatissimi nel dare un contributo importante alle diverse iniziative ai vari livelli, impegnati nel dare l'indispensabile contributo organizzativo e quella direzione politica che i comunisti hanno la responsabilità di garantire in questa fase.


Con questo brevissimo excursus vi lascio augurando a tutti buon lavoro

alla lotta

Matteo Quarantiello - resp. Scuola Università per l'esecutivo regionale




venerdì 24 ottobre 2008

Comunicato stampa: studenti d'ingegneria e architettura.

Gli studenti, i docenti e i ricercatori uniti e compatti di Architettura e Ingegneria dell'Università degli studi di Cagliari riunitesi in assemblea di facoltà Giovedì 23 Ottobre con oltre 700 studenti, coi rispettivi presidi, con una rappresentanza delle altre facoltà cagliaritane, dopo un confronto ragionato attraverso numerosi interventi, si sono espressi in merito alla legge 133. Particolare attenzione è stata dedicata alle ripercussioni nell'ateneo e nella società italiana.

Gli studenti e il corpo docente presenti sottolineano la gravità di queste ripercussioni e ritengono che solo un abbrogazione degli articoli inerenti ai tagli all'istruzione possa consentire il mantenimento di un'università pubblica e una ricerca autonoma e libera dalle dinamiche d'impresa e di mercato.

Gli studenti, i ricercatori e i docenti sono concordi nell'organizzare una serire d'iniziative che coinvolgano la facoltà stessa ma anche la cittadinanza sulla mobilitazione e sulle istanze che si solleveranno in merito alla legge 133, alle sue ripercussioni concrete nella realtà locale con: lezioni pubbliche all'aperto, lezioni itineranti per le vie cagliaritane e altre forme di mobilitazione.

L'assemblea esprime infine la sua solidarietà alla mobilitazione sulla scuola, al suo appuntamento del 30 Ottobre 2008, alla mobilitazione universitaria nel resto d'Italia e ritiene necessaria una riforma universitaria, non dei tagli indiscriminati.

Gli studenti d'ingegneria e architettura proseguono in questi giorni la loro assemblea permanente.

lunedì 20 ottobre 2008

Scuola, Università, Cultura: no ai tagli!

UNIVERSITA': CAGLIARI, MOBILITAZIONE CONTRO TAGLI E LEGGE 133

(AGI) - Cagliari, 20 ott. - Sale il livello della protesta dell'universita' di Cagliari dove gli studenti sono mobilitati contro la Legge 133 e i paventati tagli agli atenei. Oggi, in tarda mattinata, intorno alle 14, circa 200 studenti hanno protestato spontaneamente sfilando fino alla sede del Rettorato, in via Universita'. Gli universitari sono stati ricevuti dal rettore Pasquale Mistretta, il quale e' stato sollecitato a prendere posizione ufficialmente sulla protesta.
Dopo la replica del rettore, che secondo gli studenti, ha in sostanza rigettato la proposta appellandosi al suo ruolo istituzionale, la manifestazione spontanea si e' sciolta.
Prosegue intanto l'assemblea permanente nella sede di Magistero, dove gli universitari stanno discutendo anche sulla possibilita' di occupare oggi la facolta'. Per mercoledi' mattina, alle 9.30, nell'aula Magna del Corpo Aggiunto, e' prevista, inoltre, un'assemblea della facolta' di Lettere e Filosofia cui sono invitati, oltre gli studenti, anche ricercatori e docenti per dsicutere sulle modalita' di prosecuzione dello stato di agitazione con l'ipotesi ventilata di un blocco della didattica.

venerdì 10 ottobre 2008

Difendiamo la Scuola Pubblica dalla Gelmini



L'attacco all'istruzione pubblica a cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi è
gravissimo e senza precedenti.
La scuola elementare Italiana è considerata un modello internazionale per attenzione pedagogica e risultati formativi. Ma con la riduzione dell'orario settimanale a sole 24 ore, con il ritorno al maestro unico e con tagli di oltre 8 miliardi di euro, il governo Berlusconi vuole ledere le fondamenta di una scuola pubblica che dovrebbe formare il futuro della nostra società.
Il governo vuole tutto questo: alimenta la sua politica razzista rimuovendo insegnanti di sostegno per disabili e migranti; abolisce il tempo pieno costringendo le famiglie di lavoratori a cercare qualcuno (a pagamento?) a cui lasciare i propri figli; promette alle famiglie che saranno i comuni a coprire la mancanza – mentre sappiamo bene che non tutte le amministrazioni locali hanno i mezzi per aiutarle. Inoltre la trasformazione delle scuole in fondazioni private rientra nel disegno di una società che guarda al profitto economico e non al valore formativo delle scuole, e sostituisce la crescita dei ragazzi con la competitività d'impresa.
Anche l'università è sotto attacco: anche qui, continue “riforme” e applicazioni di “logica d'impresa” mirano alla distruzione dell'istruzione pubblica a vantaggio
dei privati.
A tutto questo ci opponiamo. E per questo vi invitiamo a lottare per difendere e rilanciare la scuola pubblica.




MERCOLEDÌ 15 OTTOBRE 2008, ORE 17,30 – CAGLIARI
GIARDINETTI VIA BRIANZA (Fronte mercato via Quirra)

ASSEMBLEA POPOLARE E DIBATTITO Con:
CGIL – COBAS – RdB – Gennaro Loffredo (resp nazionale scuola PRC)

a seguire (ore 21) CONCERTO degli RTP ACOUSTIC ENSAMBLE (ska-reggae)

info su: http://difendiamolascuola.blogspot.com

ORGANIZZA: Circolo “A. Gramsci” - Via Doberdo' 101, Cagliari
Partito della Rifondazione Comunista

venerdì 3 ottobre 2008

Ma il lavoro è una merce?

Gianni Loy
Se Air France o Lufthansa potessero pagare a metà prezzo il kerosene, o se le società aeroportuali applicassero tariffe differenziate per favorire le rispettive “compagnie di bandiera” dei rispettivi paesi, ci troveremmo di fronte ad una palese violazione dei tanto sbandierati principi della concorrenza.

Ma se una compagnia aerea, per rimanere nel mercato in posizione concorrenziale, o per sopravvivere, dimezzasse le retribuzioni dei propri dipendenti non corre alcun rischio di incorrere negli strali di Bruxelles. E perché mai? Non è forse semplicistico per una compagnia aerea, stare a galla, in questo caso in aria, grazie alla possibilità di risparmiare pesantemente sui salari? Così son buoni tutti, si direbbe dalle nostre parti.

Il lavoro è una merce. Uno dei fattori della produzione assieme a materie prime, apparecchiature, tasse e kerosene. Ma, curiosamente, mentre la maggior parte di quei beni ha un costo fisso, o quasi, scarsamente negoziabili, sul lavoro sono consentiti ampi margini di manovra. Eppure è la merce più pregiata, perché coinvolge uomini e donne, persone, sino a determinare la qualità della loro esistenza. Perché la CAI non sceglie di risparmiare sul kerosene, o sull’Iva, o sui diritti aeroportuali?

La verità è che questa merce, il lavoro, si va deprezzando. E’ diventato il ventre molle di una globalizzazione che alcuni dei suoi fautori, anche da noi, incominciano a rinnegare ed a vedere con sospetto.
Qualche giorno fa, in un quotidiano di Madrid, veniva esaltato il fatto che nella provincia si è registrato il minor incremento del costo del lavoro di tutta la Spagna. E c’è per questo da stare allegri? Certamente! Perché la morale, peraltro esplicita, era costituita dal conseguente invito ad investire in quel territorio, reso più appetibile dal minor costo del lavoro.
La questione è che si è smesso di esaminare i fenomeni dal punto di vista del lavoro, della dignità e dei bisogni delle persone, considerandoli una “semplice” variabile dipendente dalle fortune dell’impresa.
In questi giorni si sta aprendo una fase di discussione tra sindacati e Confindustria che potrebbe rimettere in discussione una conquista della classe operaia di quasi mezzo secolo, fondata sul doppio livello di contrattazione, quella nazionale di categoria e quella, peraltro eventuale in funzione della forza contrattuale del sindacato nell’azienda. Sarebbe sufficiente un solo livello, volendosi privilegiare quello aziendale, dove a sua volta si vorrebbe che il salario fosse sempre più misurato sulla base della produttività e della redditività dell’azienda. L’ipotesi affascina. Come tutte quelle che promettono, anche se semplicisticamente, semplificazioni burocratiche. Ci casca anche qualche commentatore ritenuto “in quota alla sinistra”, come se il cambiamento fosse sinonimo di progresso. Ma la contrattazione nazionale, secondo l’assetto attuale, quello concordato con il protocollo del luglio 1993, è volta proprio a stabilire i livelli minimi contrattuali per tutti gli appartenenti alla categoria, compreso il recupero dell’inflazione, dopo la scomparsa della scala mobile, per tutti, compresi soprattutto quelli che non hanno l’opportunità o la forza di incrementare il proprio salario mediante la contrattazione aziendale, oggi riservata ai soli incrementi salariali legati alla produttività ed alla redditività.
Eliminare il livello nazionale, soprattutto in un sistema, come quello italiano, domeve non esistono minimi salariali fissati per legge, significherebbe una grave perdita di tutela per i lavoratori di più basso reddito. I lavoratori “forti”, infatti, in un modo o nell’altro, riuscirebbero probabilmente a cavarsela anche ricorrendo al contratto individuale, pericolosa lusinga che ormai sta dietro l’angolo e che finirebbe ancora una volta per togliere ai poveri per dare ai ricchi (relativamente).
L’art. 36 della Costituzione, peraltro, che garantisce anche a livello giudiziario una retribuzione minima sufficiente “ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (sic!) trova oggi diffusa attuazione giudiziaria mediante un rinvio ai minimi salariali stabiliti dalla contrattazione nazionale di categoria. Il livello nazionale, insomma, è quello che fissa il salario minimo richiamato, storicamente, dalla nostra costituzione. Peraltro, l’idea di ampliare sempre più la quota variabile del salario legata alla produttività, di per sé legittima se mantenuta entro limiti fisiologici, fa da schermo ad un altro possibile inganno. Legare le maggior retribuzioni alla redditività dell’impresa, posto che questa deriva non solo (a volte per niente) dalla qualità del lavoro dei dipendenti che, pur essendo elevata, può essere vanificata dalle scelte imprenditoriali, significa far gravare sui lavoratori il rischio di scelte strategiche errate dell’imprenditore.
Ma anche legarlo alla produttività può esser fonte di possibili equivoci, se si pensa che questa non dipende solo dalla capacità e dall’applicazione dei dipendenti. In tal caso è più che legittimo ed opportuno tener conto del rendimento individuale e collettivo dei lavoratori, a patto di contenerlo entro limiti che non ripropongano, sotto mentite spoglie (incentivo) i fenomeni più negativi del cottimo. Ma la produttività, sia chiaro, può anche dipendere dai sistemi di produzione e di organizzazione del lavoro adottati dall’impresa. In tal caso, ancora una volta il lavoratore finirebbe per accollarsi , almeno parzialmente.
Cambiare si può, certo, ma prestando la dovuta attenzione a quale sia la posta in gioco e quali le possibili conseguenze delle novità che i vorrebbero introdurre.

Il manifesto sardo, 01/10/2008

giovedì 2 ottobre 2008

Taglia la Gelmini

Giovedì daremo il via alle danze davanti al ministero dell’istruzione, dove “taglieremo” la Gelmini e porteremo la voce degli studenti con il nostro microfono aperto.






Taglia la Gelmini