martedì 30 settembre 2008

Le migrazioni interne, motore dello sviluppo economico cinese

Cari tutti,

qualche giorno fa il Giornale di Sardegna mi ha pubblicato un piccolo articolo sulle migrazioni interne in Cina. Ve lo ripropongo, convinto che il partito ed il movimento operaio, su molte questioni internazionali di estrema importanza, sia quantomeno disattento.

Saluti comunisti,

Enrico Lobina

Le migrazioni interne, motore dello sviluppo economico cinese

Negli anni ottanta i cinesi che andavano dalle campagne alle città erano 30 milioni. Oggi sono 180, e molti dicono arrivino a 200. Da quando Deng Xiaoping ha permesso ai contadini di vendere parte del proprio raccolto, la produttività delle campagne è aumentata. Tutta quella gente là non serviva più.


Aggiungeteci l’industrializzazione, e la combinazione è perfetta. I migranti son stati causa ed effetto del boom economico cinese. Oggi sono il vero segreto della fabbrica del mondo. E non diminuiscono. 150 milioni di lavoratori delle campagne sono ancora in sovrappiù. Al contrario, nel 2004 nella sola regione del Delta del Zhujiang c’era bisogno di 2 milioni di lavoratori migranti.

Son loro la vera ricchezza delle città. Scappano da salari di fame e arrivano in città disposti a lavorare per meno della metà degli altri. Un migrante guadagna in media 60 euro al mese. Un lavoratore cittadino 140. Una parte importante di quei magri salari fa il viaggio inverso, va in campagna a sfamare moglie e parenti. Ogni migrante manda circa 500 euro l’anno a casa.

Fanno i lavori che i cittadini non vogliono più fare. Son migranti 4 manovali su 5, un minatore su 2, un cameriere su 2 e il 70% di coloro che fabbricano materiali elettronici. Le donne son meno degli uomini, e vengono pagate di meno.

A parte le Olimpiadi, durante le quali son stati mandati via, li vedi dappertutto. Se son manovali vivono in prefabbricati ai lati dei cantieri. Spesso condividono il letto con un altro e sono in 6 in stanza. Verranno pagati a fine lavoro. Se il caporale non scappa prima coi loro soldi.

Le leggi che difendono i lavoratori esistono. Ma spesso non vengono applicate. E i migranti, cittadini di serie B per definizione, son coloro che più direttamente subiscono questa situazione. Son cittadini di serie B perché il loro hukou, certificato di residenza, non permette di avere gli stessi diritti di chi in città è nato.

Il governo da una parte lotta per migliorare le condizioni di vita dei migranti. Dall’altra evita a tutti i costi che centinaia di milioni di contadini vengano in città. Le città cinesi non sono come quelle indiane. Non c’è chi vive di elemosina e affini.

I lavoratori migranti, da parte loro, non son contenti. E protestano. Ogni anno sono decine di migliaia gli scioperi, le proteste, i blocchi stradali, le occupazione delle fabbriche e gli scontri con la polizia. Non hanno che da perdere le loro catene, si diceva una volta. Ed è bene che facciano sentire la loro voce. Forse proprio di questo ha bisogno il governo.

sabato 27 settembre 2008

Paolo Ferrero ad Affaritaliani.it: nessun riavvicinamento con Veltroni


Venerdí 26.09.2008 10:32
"Non vedo elementi di riavvicinamento" con il Partito Democratico. Lo afferma ad Affaritaliani.it il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero. "E' vero che Veltroni si è messo a fare opposizione con toni più duri nei confronti di Berlusconi, però, ad esempio, nulla è cambiato rispetto a Confindustria e rispetto e ai temi fondamentali. Saluto positivamente questi toni più duri di Veltroni contro il premier, ma francamente non vedo cambiamenti di rotta strategici. Rapporti ovviamente ne abbiamo con il Pd, ma continuo a pensare che non vi sono le condizioni per un accordo organico e di governo con il Partito Democratico". E le relazioni con gli altri partiti della sinistra radicale? "Ci sono rapporti, tant'è che facciamo insieme la manifestazione dell'11 ottobre con Verdi, Comunisti Italiani, Sinistra Democratica e con tutte le forze della sinistra". Con la legge elettorale per le Europee che vuole la maggioranza - sbarramento al 5% - è possibile riproporre un'alleanza dei partiti della sinistra? "Abbiamo deciso di andare con il simbolo di Rifondazione Comunista e in ogni caso questa discussione verrà fatta, se la legge ci sarà, dopo e non prima. Ora non entro nel merito. La decisione è quella di andare con il simbolo di Rifondazione e di cercare convergenze sul nostro simbolo con chiunque ci stia e sia disponibile. Se poi ci saranno fatti nuovi che ci obbligano a ridiscutere... ridiscuteremo ma questa è stata la scelta decisa dal congresso". E infine: "Sono impegnato a costruire un'opposizione di sinistra in questo Paese, che deve partire dalla piazza anche perché in Parlamento non c'è".

venerdì 26 settembre 2008

Liberazione sciopera contro il Prc


Matteo Bartocci
Oggi edicola più povera. Non ci sarà Liberazione per uno sciopero immediato indetto ieri pomeriggio dall'assemblea dei giornalisti. Una protesta estrema, decisa praticamente all'unanimità, contro il Prc: un «partito editore» che non ha ancora formalizzato nessuna decisione sul futuro del giornale. I giornalisti criticano perfino il comportamento «antisindacale» del partito comunista, con un bilancio ancora riservato e decisioni importanti come il taglio alla free press di Roma e Milano adottate improvvisamente dal cda della testata (Mrc Spa, società al 100% del Prc) senza informare prima direzione e redazione. Scelte drastiche contro cui i giornalisti si batteranno anche oggi con un «picchetto» e un presidio pubblico nella sede del partito e del giornale da mezzogiorno. Lo striscione che calerà dalle finestre di via del Policlinico parla chiaro: «Liquidazione comunista». Contrari invece a uno sciopero che giudicano «puramente politico» i poligrafici della testata, rimasti regolarmente al lavoro. Dopo mesi di voci incontrollate, ieri mattina il presidente del cda Sergio Bellucci ha incontrato il segretario Paolo Ferrero portandogli per la prima volta i conti ufficiali della testata. In serata è stata la volta dell'amministratore delegato. Il bilancio del giornale (pubblicato a norma di legge il 30 agosto scorso) presentava un deficit per il 2007 di 2.038.964 euro. Una voragine ripianata come sempre dal partito. Secondo voci non confermate, la perdita di quest'anno aggravata dai tagli di Tremonti potrebbe arrivare al doppio. Ferrero (contestato oggi come accadde a Bertinotti nel '97-'98) si schiera dalla parte dei lavoratori: «Scioperano contro di me e rispetto le loro ragioni. Certe scelte però non dipendono da me e devono partire dai dati reali. Ho ricevuto il bilancio solo stamattina (ieri per chi legge, ndr ) e ho ribadito al cda la richiesta di informare immediatamente la redazione e di presentarmi proposte di intervento in una situazione di crisi difficilissima». Già stamattina il caso Liberazione sarà discusso in segreteria. Risposte che non convincono affatto la redazione, che non esita a denunciare un «rimpallo disastroso fra proprietà, società editrice e direzione» e accusa il partito di «evidente passività» di fronte alla possibile chiusura del suo giornale. «E' Rifondazione che deve dire cosa vuol fare di Liberazione , quanti soldi ci mette, etc., il cda può fare un piano solo sulla base delle indicazioni della proprietà, cioè del Prc. Lo stesso cda però sfugge a un chiarimento con noi», spiega Andrea Milluzzi del cdr. Obiezioni a cui risponde in serata lo stesso Sergio Bellucci, presidente di Mrc Spa: «E' vero, con il cdr finora abbiamo avuto solo contatti informali ma sanno che tutte le nostre scelte servono a mantenere in vita il giornale. Faremo veramente di tutto perché Liberazione non chiuda». Bellucci smentisce anche un aggravamento dei conti: «Ricavi e vendite non sono lontani dagli anni scorsi. La situazione di oggi è critica soprattutto per i tagli all'editoria e per l'assenza dei finanziamenti di un partito escluso dal parlamento».

giovedì 25 settembre 2008

comunicato stampa Dipartimento Scuola PRC

Comunicato stampa dipartimento scuola e formazione Prc.

GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE GUADAGNANO DI PIU’: IL TRIBUNALE DI ROMA CONDANNA IL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE.

Una sentenza del Tribunale di Roma ha condannato il Ministero della Pubblica Istruzione per un prolungato atto discriminatorio nei confronti degli insegnanti precari, vincitori di un pubblico concorso ed inseriti regolarmente nelle graduatorie su posto comune, a vantaggio degli insegnanti di religione cattolica (nominati dal Vicariato ed immessi in ruolo senza concorso). A questi ultimi, durante il periodo di precariato, è riservato un trattamento di favore che consiste in un aumento dello stipendio del 2,5% ogni 2 anni. Dopo 8 anni gli insegnanti di religione guadagnano 130 euro netti in più al mese rispetto ad una/un collega che insegna italiano, matematica, scienze,…Il ricorso fatto, e vinto, dalla professoressa Rizzuto di Roma (alla quale è stato riconosciuto un risarcimento di 2.611,35 euro) crea un importante precedente.

IL PRC METTE A DISPOSIZIONE DEI PRECARI DELLA SCUOLA CHE VORRANNO VEDERSI RICONOSCIUTO IL MEDESIMO DIRITTO, UN UFFICIO LEGALE PER I RICORSI.

Per contatti telefonare alla segreteria del dipartimento nazionale scuola del Prc ai seguenti numeri, 06.44182257 – 06.44182236 o scrivere al seguente indirizzo di posta elettronica scuola.prc@rifondazione.it

Roma, 25 settembre 2008 Gennaro Loffredo
Resp. Naz. Dip. Scuola e Formazione Prc

lunedì 22 settembre 2008

venerdì 19 settembre 2008

Mercatino del Libro al Gramsci

I Giovani Comunisti del Circolo Antonio Gramsci di Cagliari hanno lanciato un ottima iniziativa contro il caro vita: il mercatino del libro usato.
Contro chi vuole una scuola sempre più costosa e per la quale soltanto chi ha il denaro necessario è facilitato i GC rispondono per il terzo anno consecutivo col loro mercatino. Aperti dal lunedì al venerdì, dalle 17.30 alle 20.00!!



Chiunque abbia libri delle scuole medie o superiori e ha intenzione di venderli può portarli in Via Doberdò 101 a Cagliari, i GC del circolo li venderanno per te a metà del prezzo di copertina e tenendo solo il 10% !!

sabato 13 settembre 2008

11 Ottobre: Manifestazione nazionale!!

APPELLO PER LA MANIFESTAZIONE UNITARIA DELL'11 OTTOBRE

Per aderire all'appello:

11ottobre2008@libero.it


Un'altra Italia
Un'altra Politica





Le politiche aggressive del Governo di centrodestra, sostenute in primo luogo da Confindustria, disegnano il quadro di un'Italia ripiegata su se stessa e che guarda con paura al futuro, un Paese dove pochi comandano, in cui il lavoro viene continuamente umiliato e mortificato, nel quale l'emergenza evocata costantemente per giustificare la restaurazione di una società classista razzista e sessista. Che vede nei poveri, nei marginali e nei differenti, i suoi principali nemici. Che nega, specie nei migranti, il riconoscimento di diritti di cittadinanza con leggi come la Bossi Fini che non solo generano clandestinità e lavoro nero, ma calpestano fondamentali valori di umanità.

Questa la risposta delle destre alla crisi profonda, di cui quella finanziaria solo un aspetto, che attraversa il processo di globalizzazione e le teorie liberiste che l'hanno sostenuto. Una risposta che, naturalmente, ignora il fatto che solo un deciso mutamento del modello economico oggi operante può risolvere problemi drammatici, dei quali il pi grave la crisi ecologica planetaria. Spetta alla sinistra contrapporre un'altra idea di società e un coerente programma in difesa della democrazia e delle condizioni di vita delle persone. E' una risposta che non può tardare ed l'unico modo per superare le conseguenze della sconfitta elettorale e politica. Ci proponiamo perciò di contribuire alla costruzione di un'opposizione che sappia parlare al Paese a partire dai seguenti obiettivi:

1. riprendere un'azione per la pace e il disarmo di fronte a tutti i rischi di guerra, oggi particolarmente acuti nello scacchiere del Caucaso.

La scommessa ridare prospettiva a un ruolo dell'Europa quale principale protagonista di una politica che metta la parola fine all'unilateralismo dell'amministrazione Bush, al suo programma di scudo spaziale e di estensione delle basi militari nel mondo, all'occupazione in Iraq e Afghanistan (dove la presenza di truppe italiane non ha ormai alcuna giustificazione), ma anche alla sindrome da grande potenza che sta impossessandosi della Russia di Putin;

2. imporre su larga scala un'azione di difesa di retribuzioni e pensioni falcidiate dal caro vita, il quale causa un malessere che la destra tenta di trasformare in egoismo sociale, guerra tra poveri, in un protezionismo economico del tutto insensibile al permanere di gravi squilibri tra il Nord e il Sud del mondo. Di fronte alla piaga degli "omicidi bianchi" necessario intensificare i controlli e imporre l'applicazione delle sanzioni alle imprese. Si tratta inoltre di valorizzare tutte le forme di lavoro: lottando contro precariato e lavoro nero, anche attraverso la determinazione di un nuovo quadro legislativo; sostenendo il reddito dei disoccupati e dei giovani inoccupati; ottenendo il riconoscimento di forme di lavoro informale e di economia solidale;



3. respingere l'attacco alla scuola pubblica, all'Università alla ricerca e alla cultura, al servizio sanitario nazionale, ai diritti dei lavoratori e alla contrattazione collettiva. E' una vera e propria demolizione attuata attraverso un'azione di tagli indiscriminati e di licenziamenti, l'introduzione di processi di privatizzazione, e un'offensiva ideologica improntata a un ritorno al passato di chiaro stampo reazionario (maestro unico, ecc.). L'obiettivo della destra al governo colpire al cuore le istituzioni del welfare che garantiscono l'esercizio dei diritti di cittadinanza. L'affondo costituito da un'ipotesi di federalismo fiscale deprivato di ogni principio di mutua solidarietà



4. rispondere con forza all'attacco contro le politiche volte a contrastare la violenza degli uomini contro le donne, riconoscendo il valore politico della lotta a tutte le forme di dominio patriarcale, dell'autodeterminazione delle donne e della libertà femminile nello spazio pubblico e nelle scelte personali;



5. sostenere il valore della laicità dello stato e riconoscere diritto di cittadinanza alle richieste dei movimenti per la libera scelta sessuale e per quelle relative al proprio destino biologico;



6. sostenere le vertenze territoriali (No Tav, No Dal Molin, ecc.) che intendono intervenire democraticamente su temi di grande valore per le comunità, a partire dalle decisioni collettive sui temi ambientali, sulla salute e sui beni comuni., prima fra tutti l'acqua. Quella che si sta affermando con la destra al governo un'idea di comunità corporativa, egoista, rozza e cattiva, un'idea di società che rischia di trasformare le nostre città e le loro periferie nei luoghi dell'esclusione. Bisogna far crescere una capacità di cambiamento radicale delle politiche riguardanti la gestione dei rifiuti e il sistema energetico. Con al centro la massima efficienza nell'uso delle risorse e l'uso delle fonti rinnovabili. Superando la logica dei megaimpianti distruttivi dei territori, del clima e delle risorse in via di esaurimento. E' fondam entale sostenere una forte ripresa del movimento antinuclearista che respinga la velleitaria politica del governo in campo energetico.



7. contrastare tutte le tentazioni autoritarie volte a negare o limitare fondamentali libertà democratiche e civili, a partire dalle scelte del governo dai temi della giustizia, della comunicazione e della libertà di stampa. O in tema di legge elettorale mettendo in questione diritti costituzionali di associazione e di rappresentanza. Si tratta anche di affermare una cultura della legalità contro le tendenze a garantire l'immunità dei forti con leggi ad personam e a criminalizzare i deboli.





Per queste ragioni e con questi obiettivi vogliamo costruire insieme un percorso che dia voce ad un'opposizione efficace, che superi la delusione provocata in tanti dal fallimento del Governo Prodi e dalla contemporanea sconfitta della sinistra, e raccolga risorse e proposte per questo paese in affanno. L'attuale minoranza parlamentare non certo in grado di svolgere questo compito, e comunque non da sola, animata com' da pulsioni consociative sul piano delle riforme istituzionali, e su alcuni aspetti delle politiche economiche e sociali (come tanti imbarazzati silenzi dimostrano, dal caso Alitalia all'attacco a cui sottoposta la scuola, dalla militarizzazione della gestione dei rifiuti campani alle ordinanze di tante amministrazioni locali lesive degli stessi principi costituzionali).



Bisogna invece sapere cogliere il carattere sistematico dell'offensiva condotta dalle destre, sia sul terreno democratico, che su quelli civile e sociale, per potere generare un'opposizione politica e sociale che abbia l'ambizione di sconfiggere il Governo Berlusconi. Quindi, proponiamo una mobilitazione a sinistra, per "fare insieme", al fine di suscitare un fronte largo di opposizione che, pur in presenza di diverse prospettive di movimenti partiti, associazioni, comitati e singoli, sappia contribuire a contrastare in modo efficace le politiche di questo governo.



Al tal fine proponiamo la convocazione per l’11 ottobre di un'iniziativa di massa, pubblica e unitaria, rivolgendoci a tutte le forze politiche, sociali e culturali della sinistra e chiedendo a ognuna di esse di concorrere a un'iniziativa che non sia di una parte sola. Il nostro intento contribuire all'avvio di una nuova stagione politica segnata da mobilitazioni, anche territorialmente articolate, sulle singole questioni e sui temi specifici sollevati.



giovedì 11 settembre 2008

Chiediamo con forza le dimissioni di La Russa e di Alemanno


Dichiarazione di Claudio Grassi, ex senatore della Repubblica e Coordinatore nazionale di Essere comunisti

Non è possibile assistere in silenzio allo spettacolo indecoroso che esponenti di spicco del centro-destra ed esponenti del governo stanno dando in queste ore.
Prima il sindaco di Roma Gianni Alemanno che «non condanna» il fascismo ma solo le leggi razziali e ora il ministro La Russa che chiede «rispetto» per i combattenti repubblichini di Salò.
Questo non è più soltanto revisionismo storiografico, ma è il tentativo dall'alto di istituzionalizzare una visione della storia giustificazionista del regime fascista e quindi in insanabile contraddizione non solo con la verità storica ma anche con la natura democratica e resistenziale della Costituzione italiana.
In un Paese in cui la Carta costituzionale avesse un valore - innanzitutto per le istituzioni - quel sindaco e quel ministro si sarebbero già dimessi.
E' quello che noi chiediamo con forza.

venerdì 5 settembre 2008

Una volta si diceva "la cultura non ha prezzo"...

La ministra Gelmini giustifica senza troppi giri di parole il ritorno al maestro unico con un: "si è passati ai tre maestri per affossare le casse dello Stato"... è venuto il momento di tagliare il superfluo: scuola e università. Saranno migliaia i maestri che rimarranno a casa. Laureati che andranno ad aggiungersi ai già tantissimi in cerca di un impiego.
Ed è quantomeno paradossale che lo studio della Carta Costituzionale venga introdotto proprio da quella parte politica che ha come unica ragione di esistere l'aggirarne i principi, in nome degli interessi personali del suo leader.
Per non parlare poi dell'annunciato arrivo della Scuola-fondazione...
La scuola e le università italiane formano il capitale umano che tutto il mondo, in primis gli Stati Uniti, ci invidia. Nemmeno i più ortodossi maestri del capitalismo negherebbero che senza accumulazione di capitale umano non c'è crescita economica. Con i tagli alle scuole e alle università si continua ad impoverire la qualità dell'insegnamento e incentivare la fuga all'estero dei laureati: è questa la soluzione ai problemi economici (come se ci fossero soltanto quelli) dell'Italia?
Basta con i tagli; l'Istruzione non è un bene disponibile! Alla lotta!

SCUOLA · Dopo il decreto del governo, assembleee e proteste negli istituti italiani
Maestro unico, scoppia la rivolta degli insegnanti

Andrea Gangemi
ROMA
All'indomani del doppio colpo di mano del governo sulla riforma scolastica (prima il ricorso d'urgenza al decreto, poi l'introduzione del maestro unico alle elementari nel testo pubblicato sulla gazzetta ufficiale) le prime a muoversi sono proprio le scuole primarie, per le quali la misura significa il taglio di centomila posti di lavoro e la fine del tempo pieno. A Trieste il comitato contro la restaurazione del maestro unico ha indetto un sit-in alle 18 in piazza Borsa, mentre a Roma un'assemblea aperta di insegnanti e genitori è prevista alle 9 presso l'istituto «Iqbal Masih». Il centro studi per la scuola pubblica (Cesp) di Bologna ha lanciato invece, insieme al coordinamento nazionale in difesa del tempo libero e prolungato, una campagna nazionale con una raccolta di firme da inviare al ministero dell'Istruzione. Sempre il Cesp sta preparando un ingresso «in ritardo» per l'apertura dell'anno scolastico, il 15 settembre, e una manifestazione il 27 a piazza Maggiore a Bologna. E una mobilitazione unitaria delle principali sigle sindacali è prevista per il 10 settembre ad Ancona. In questa prima fase, secondo Volfango Pirelli, della Flc-Cgil «occorre estendere le informazioni sulla discussione, o c'è il rischio di isolare le elementari dalle altre scuole». «Non cerchi il ministro improbabili legittimazioni pseudopedagogiche» dice invece Francesco Scrima, segretario generale Cisl scuola. «E' chiaro - spiega - che questo provvedimento ha una sola fonte "pedagogica": il ministero dell'Economia». E per il leader della Uil scuola, Massimo Di Menna «gli interventi vanno fatti con il bisturi, non con l'accetta, razionalizzando dove necessario ma senza strattonare la scuola pubblica italiana come prevede questa misura». In Calabria, dove i tagli delle cattedre superano abbondantemente le seicento unità, si schiera contro il decreto Gelmini anche il vicepresidente della Regione con delega alla pubblica istruzione, Domenico Cersosimo. «Dietro c'è solo la necessità di risparmiare - dice - a prescindere dai contenuti». E pure i vescovi bocciano la ministra: «Il lavoro d'equipe può garantire maggiore apprendimento per i bambini - afferma l'esperto di scuola della Cei Alberto Campoleoni - allora perché cambiare?».
il manifesto, 04/09/2008

martedì 2 settembre 2008

Continua il terrorismo mediatico contro il Prc e i Comunisti

In risposta agli articoli apparsi su Repubblica nei giorni scorsi. Vedi "Così Rifondazione aiutò i rapitori della Betancourt" http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/esteri/betancourt-farc/betancourt-rifondazione/betancourt-rifondazione.html?ref=search

Ferrero: Quelli non sono terroristi tenevamo i contatti per favorire la pace
Repubblica — 01 settembre 2008
ROMA - «E di che ci accusa questo dossier del governo colombiano? Di aver finanziato con 1400 euro, dico 1400, le Farc? Di aver pagato le medicine ad un loro dirigente molto malato? Bene. A questo punto mi autodenuncio anch' io: confesso di aver aiutato degli immigrati clandestini in Italia che avevano un gran bisogno di cure sanitarie». Anche quando faceva il ministro del governo Prodi, segretario Paolo Ferrero? «E' capitato anche in quella fase, sì. Gesti minimi di umanità, come - se poi è davvero andata così - nel caso di Lucas Gualdron, profugo della Colombia». Però le Farc, secondo l' Onu e la Ue, rappresentano un' organizzazione terroristica. «In quella lista nera entrarono "grazie" agli imput degli Stati Uniti, sull' onda dell' 11 settembre, che hanno portato poi alla guerra in Afghanistan e in Iraq. Una linea che non mi pare esattamente vincente. Quella lista nera noi l' abbiamo sempre contestata». Le Farc non sono dei terroristi? «Non lo sono in relazione alla situazione concreta, e drammatica, del loro paese. Dove, per dirne una, imperversano gli squadroni della morte, con i quali il governo colombiano ha molti punti di contatto. Una situazione simile a quella del Pkk, e infatti anche per il partito di Ocalan abbiamo senpre contestato quell' etichetta "terrorista". Si tratta di organizzazioni guerrigliere». Torniamo alle mail. Il dubbio è che il Prc abbia stretto con le Farc non tanto relazioni politiche quanto un patto di collaborazione. «Solo rapporti politici, stretti all' epoca del processo di pace ma andati avanti anche quando quel cammino si è interrotto. Una scelta che rivendico in toto. O ci mettevamo anche noi sull' attenti, a guardare passivamente prevalere la logica della guerra, oppure ci davamo da fare per riannodare i fili del dialogo. E questo abbiamo fatto. E Ramon Mantovani, nostro deputato nella Commissione Esteri, ne ha sempre puntualmente informato il presidente della Camera. Casini prima, Bertinotti poi». Il governo colombiano la pensa diversamente. Ha protestato con quello italiano per certe "trattative" non autorizzate da parte di Rifondazione. «Risponderà il governo italiano. Ma non abbiamo mai condotto alcuna "trattativa" con le Farc. Del resto, abbiamo sempre pubblicamente condannato i sequestri compiuti dai guerriglieri, a cominciare da quello della Betancourt. C' è qualcuno che pensa davvero che Rifondazione vuol fare politica con i rapimenti? Ma per favore. Io, poi, sono pure di religione valdese». Non sarebbe stato il caso, allora, con la Betancourt nelle loro mani, di chiudere i contatti con le Farc? «Non si chiudono i processi che puntano alla pace. Vorrebbe dire darla vinta allo scontro, alle armi. Anche nell' interesse stesso degli ostaggi». Insomma, nè con il governo colombiano né con le Farc? «Non siamo in Colombia, ma quel paese vive in condizioni molto pesanti. Le Farc non rappresentano un' epifenomeno, ma una cosa seria. E il governo ha molti aspetti antidemocratici, coinvolto nel narcotraffico. La Colombia ha il record di omicidi di sindacalisti». (u.r.)

Alfio Nicotra
Ci permetteranno i cagionevoli di memoria ma fino a qualche anno fa anche l'African National Congress di Nelson Mandela o l'Olp di Yasser Arafat erano trattati in occidente come organizzazioni terroristiche. Vogliamo poi parlare del Fronte Polisario o di José Ramos Horta leader del fronte di liberazione di Timor Orientale? Stesso trattamento. Lo stesso Dalai Lama - i cui monaci tibetani usano metodi di resistenza non soltanto nonviolenti - non è forse per la Cina considerato un terrorista? Eppure non vediamo nessun Omero Ciai di oriente - grazie al cielo - che dia fiato su la Repubblica ai dossier di Pechino.Abbiamo trattenuto relazioni con le Farc anche dopo la rottura del processo di pace, così come abbiamo continuato a tenerle con il subcomandante Marcos e l'Ezln anche quando nel '95 era ricercato e il presidente Zedillo voleva arrestare il vescovo Samuel Ruiz perché suo presunto ispiratore ideologico. In Messico quella nostra ostinazione venne coronata dal successo perché il Parlamento sospese gli ordini di cattura e varò una legge di Concordia e Pacificazione che ha consentito di riannodare il dialogo. Questo obiettivo purtroppo non è ancora dato in Colombia ma rimane l'unica soluzione: riconoscimento reciproco delle parti, sospensione delle attività militari, avvio di un processo di riconciliazione e di coinvolgimento democratico. Di questo siamo accusati: di volere e lavorare per la pace.Vorrei esprimere a Marco Consolo, Ramon Mantovani, Gennaro Migliore e Fabio Amato - chiamati in causa dal dossier del governo colombiano - la mia totale solidarietà. Non solo perché ho condiviso ogni loro passo sulla vicenda colombiana ma perché hanno agito dentro una idea collettiva di un'altra politica internazionale. Si chiama in vario modo: diplomazia parallela, popolare, dal basso. E' quella che abbiamo praticato - spesso lontano dai riflettori e nella dovuta riservatezza - dalla fondazione del nostro partito ad oggi. Con un obiettivo: aiutare i processi di pace e di emancipazioni dei popoli. Rispetto al "vecchio" internazionalismo proletario non ci siamo dedicati a fare il tifo per una delle parti in causa. Abbiamo deciso di guardare il mondo con gli occhi delle vittime e di scegliere di rappresentarne quel punto di vista nell'ostinata costruzione di ponti di dialogo dando voce a chi non ce l'aveva. Abbiamo con la stessa determinazione aiutato i disertori jugoslavi, la società civile africana, i parlamenti in esilio kurdo e della Birmania. Abbiamo attraversato i luoghi del dolore dai campi profughi nel deserto algerino, alla Sarajevo assediata, nella Baghdad e Beirut in fiamme, alla Belgrado sventrata dai bombardamenti Nato. Abbiamo lasciato sul campo per aver praticato questa linea politica - non ne parliamo quasi mai per un senso di antieroismo, ma forse sbagliamo - anche due giovani vite . Guido Puletti nella Bosnia del '93 e Angelo Frammartino in un mercato di Gerusalemme nell'estate 2006.Questa è la politica estera di Rifondazione comunista: non una enunciazione ideologica ma una azione concreta contro le ingiustizie del nostro mondo.Sappiamo per questo di essere scomodi perché scomode sono le richieste di tanta parte dell'umanità ignorate dall'agenda dei potenti. Anzi, come in Colombia, disperazione, tortura, miseria, assassini e sparizioni illegali sono figli di vere e proprie scuole di addestramento di terroristi (questi si!) come la scuola de Las America, monumento al golpismo della CIA in America Latina. Per non parlare del Plan Colombia formalmente contro il narcotraffico invece motore di sviluppo dell'economia illegale della droga.Vorremo dire al sen. Gasparri e all'on. Laboccetta di prepararsi a farne centinaia di interrogazioni al loro governo. Dal loro punto di vista non possiamo che essere tutti e tutte colpevoli."Essere pacifisti nelle cittadelle della ricchezza dell'oggi significa essere eversori dell'ordine delle cose esistenti" scriveva alcuni anni fa Padre Ernesto Balducci. Si, lo confessiamo, siamo eversori. Perché la pace è la vera eversione dei nostri tempi.
Liberazione, 02/09/2008

lunedì 1 settembre 2008

Ora e sempre Resistenza!


Il fascismo è stato già sconfitto e dichiarato fuorilegge: chiediamo a gran voce giustizia!
I GC Sardi esprimono solidarietà al compagno barbaramente aggredito. Ci troviamo di fronte a un vero allarme sociale: la presenza nel governo di esponenti storici della destra fascista non fa che legittimare gli autori di questi attacchi!
Il clima di emergenza costruito ad arte dal Palazzo e dai media genera nei benpensanti il desiderio di ordine e disciplina, e arricchisce le fila del neo-squadrismo. La proiezione di Nazirock, la prima Festa Popolare Antifascista sono stati dei momenti di condanna di queste forme di violenza, premiati dalla partecipazione dei cittadini. Combattiamo! Per lo scioglimento di ogni organizzazione neo-fascista! Per fermare la violenza xenofoba e razzista!

L'Esecutivo Regionale

«Avevano coltelli e urlavano
zecche di merda vi uccidiamo»


Davide Varì
«Ma non ti rendi conto che cosa stai facendo?». Sono le ultime parole che F., 28 anni, ha rivolto al suo aggressore prima di crollare a terra ferito da una coltellata, uno squarcio di quindici centimetri alla gamba destra.
No, evidentemente l'aggressore non si rendeva conto di quel che faceva. O forse se ne rendeva conto fin troppo bene visto che prima di fuggire - inghiottito dalla notte e dal buio dal quale era spuntato d'improvviso - ha rifilato anche un calcione a F. che era lì a terra, ferito e inerme. Quando si dice il coraggio. E poi, prima di fuggire, gli insulti: «Zecche di merda vi accoltelliamo tutte».
Insomma, venerdì notte, a Roma, c'è stata l'ennesima aggressione fascista. Un'aggressione studiata, pianificata e organizzata fin nei minimi dettagli. A cominciare dal giorno scelto per eseguirla: il giorno dell'anniversario della morte di Renato Biagetti, il ragazzo ucciso il 27 agosto di due anni fa a Focene per mano di due giovani.
«Saranno state le tre di notte ed eravamo di ritorno da una festa a Pirateria, una festa per ricordare Renato Biagetti», racconta uno degli aggrediti. «Eravamo in quattro e camminavamo a coppie di due a qualche decina di metri di distanza l'una dall'altra. D'improvviso abbiamo sentito le urla. Ci siamo immediatamente resi conto che eravamo vittime di una aggressione. Non ci hanno dato il tempo di far nulla. Avevano catene e coltelli».
Nulla di casuale, nessuna "fatalità". Quella dell'altra notte è stata una aggressione fascista, un agguato a tutti gli effetti. «Erano lì che ci aspettavano chissà da quante ore - racconta ancora uno dei ragazzi aggrediti -. Hanno tirato fuori le "lame" e alcuni, i più giovani, erano meno esperti, ma altri le padroneggiavano perfettamente. Era gente addestrata». Già, gente abituata ad aggredire di nascosto in tipico stile fascista.
«Avevano le teste rasate, erano armati di coltelli e catene: si è trattato di un vero e proprio agguato premeditato», racconta un altro testimone di quanto accaduto ieri l'altro.
«Dopo il concerto, intorno all'una di notte - racconta - ci siamo spostati al centro sociale Pirateria che dista poche centinaia di metri dal parco dove si era svolto il concerto. Alle quattro abbiamo deciso di tornare a casa, la strada era deserta: dopo alcuni metri abbiamo sentito delle grida: dieci ragazzi vestiti con magliette nere e teste rasate hanno cominciato ad insultarci, quindi, si sono avvicinati e ci hanno aggredito»
«A uno di noi, F., sono state inferte almeno tre coltellate ed una lo ha ferito alla coscia e, una volta a terra, preso a calci in faccia. Anche io sono stato picchiato e scaraventato con violenza a terra».
L'aggressione è durata pochi attimi. «Dopo averci colpito - spiega ancora il ragazzo- sono fuggiti a piedi. E' stata una vera e propria provocazione di stampo neofascista in una serata in cui ricordavamo un nostro compagno ammazzato proprio da estremisti di destra».
E poi quel sinistro riferimento alla morte di Renato Biagetti. Un aggressione, dunque, che ha tutta l'aria di una rivendicazione di quanto accaduto la notte del 27 agosto di due anni fa.
Quel giorno Renato usciva da una dance hall reggae sulla spiaggia di Focene e fu aggredito da due giovani scesi dalla loro auto coltelli alla mano. Gli urlarono di tornare a casa, che quello non era il loro territorio. Colpirono Renato che, a 26 anni, morì poche ore dopo in ospedale.
Si parlò, e gran parte della stampa parla ancora, di rissa. Ecco, se qualcuno ha ancora qualche dubbio circa la matrice dell'aggressione che ha portato alla morte di Biagetti, quella dell'altra sera sembra fugare ogni dubbio. L'aggressione di ieri e quella di due anni fa è stata una tipica aggressione fascista. Stesse modalità e stesse dinamiche. Ma almeno, e solo per puro caso, stavolta il morto non c'è stato.
Questa volta neanche il sindaco Gianni Alemanno può nascondersi dietro al rissa tra ragazzi: «Esprimo ferma condanna per questo grave episodio di violenza che, secondo le testimonianze delle vittime, sembra essere di natura politica», ha dovuto ammettere il sindaco.
«Mi auguro - ha poi sottolineato Alemanno - che gli inquirenti siano in grado di assicurare subito alla giustizia i responsabili di questo gesto criminale, verificando con assoluta certezza se dietro di esso esista una forma organizzata di estremismo di destra».

Liberazione, 31/08/2008