in questi giorni d'intensa attività abbiamo seguito poco questo blog, da una parte ciò vuol dire che i compagni non hanno neanche il tempo di sedersi al computer, dall'altro significa non tenere informati i propri lettori.
Nelle università la protesta inizia ad avere un'organizzazione sorprendente, formatosi da una settimana circa il coordinamento interfacoltà gli studenti in agitazione si son dati un nome: Unica-Mente contro la 133. A tal proposito hanno tirato su in brevissimo tempo un portale Web che raccoglie iniziative, materiale e quant'altro riguardi la mobilitazione a Cagliari e non solo.

Anche gli studenti medi iniziano a dare gambe oltre che voce alla mobilitazione, dopo i diversi cortei spontanei che in questi giorni avrete visto su TV e giornali inizia per loro un embrione organizzativo. Nel mediocampidano in particolare la protesta ha toni incredibili e questo è un importante blog creato dagli studenti in agitazione:
C'è da dire inoltre che i Giovani Comunisti sono impegnatissimi nel dare un contributo importante alle diverse iniziative ai vari livelli, impegnati nel dare l'indispensabile contributo organizzativo e quella direzione politica che i comunisti hanno la responsabilità di garantire in questa fase.
Con questo brevissimo excursus vi lascio augurando a tutti buon lavoro
alla lotta
Matteo Quarantiello - resp. Scuola Università per l'esecutivo regionale
15 commenti:
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Cagliari, 20 ottobre 2008
Cari genitori,
noi docenti dell'Università di Cagliari, unendoci ai colleghi di molte Università italiane,
desideriamo avere un contatto con voi, con i genitori che hanno figlie e figli studenti nella nostra
Facoltà. Le ragioni di questo invito sono molteplici. Voi inviate i vostri figli, spesso con duri
sacrifici economici, a continuare gli studi superiori, nella speranza di garantire loro una prospettiva
di lavoro qualificato e dignitoso. Ma oggi sentite vacillare la certezza che questo vostro sforzo
venga coronato da successo. La stampa e i media denunciano casi intollerabili di nepotismo, o
fenomeni gravi di illegalità nei concorsi e nelle assunzioni che hanno macchiato gravemente
l'immagine dell'Università italiana. Siamo fermamente convinti che questi fenomeni debbano essere
radicalmente combattuti ed eliminati. Ma questa denuncia, per alcuni aspetti giustificata, rischia di
creare una grave distorsione della realtà.
Come dimostrano i risultati relativi al successo dei nostri giovani nella ricerca internazionale, la
nostra Università è composta in grandissima parte di docenti di valore, che si dedicano con passione
alla ricerca e all'insegnamento. I risultati spesso straordinari che professori italiani raggiungono sia
nella ricerca sia nell'insegnamento sono tanto più degni di nota quanto più ottenuti in un contesto di
sempre più drammatica precarietà di risorse e di servizi.
Negli ultimi anni le nostre Facoltà hanno dovuto far fronte a una crescita straordinaria di domanda
di istruzione che è un segno di vitalità dell'Università italiana. Migliaia di giovani che prima
entravano precocemente nel mondo del lavoro, oggi continuano gli studi migliorando la loro
preparazione e formazione. Ma ad essi non sono assicurate spesso aule dignitose, biblioteche, spazi
per gli studi. La verità è che da alcuni anni i governi della Repubblica vanno sottraendo sempre più
risorse ai bilanci già drammaticamente inadeguati dell'Università.
La nuova legge 133 e i provvedimenti collegati prevedono un ulteriore taglio di ben 1500 milioni di
euro per i prossimi 5 anni, la riduzione del turn-over al 20%, e cioè l'avvicendamento di 1:5 per il
personale docente e tecnico-amministrativo, il mancato rinnovo di migliaia di contratti dei giovani
ricercatori attivi presso gli Enti pubblici di ricerca.
Come se ciò non bastasse, nel recentissimo DL 2008 n. 155, varato dal governo per garantire la
stabilità del sistema creditizio, le ingenti risorse messe a disposizione delle banche in gravi
difficoltà a seguito di operazioni finanziarie a mero carattere speculativo vengono sottratte, oltre che
alle dotazioni dei ministeri e ai trasferimenti alle regioni e agli enti territoriali, al "fondo ordinario
delle università e alle risorse destinate alla ricerca".
E’ evidente la volontà politica di emarginare l'Università pubblica, di costringere le Facoltà ad
innalzare severamente le tasse di iscrizione e di selezionare gli accessi degli studenti sulla base del
loro reddito familiare. D'altra parte, la possibilità che la legge offre ai Rettori di trasformare le
università in fondazioni private conferma questa volontà da parte del governo.
Nello stesso tempo, le decurtazioni dei fondi per la scuola previste dalla Legge Gelmini
comporteranno lo sfascio della scuola elementare, che ancora oggi si segnala in Europa per il suo
carattere di eccellenza, la riduzione di 87.000 docenti, la chiusura di migliaia di istituti, il
sovraffollamento delle classi, la decurtazione del tempo pieno e delle attività di sostegno.
Crediamo che questi problemi non siano solo affare dei docenti. Essi riguardano in prima istanza
anche gli studenti e le famiglie. Sono problemi che riguardano le nuove generazioni e dunque
l’avvenire del nostro paese, che sempre meno investe in cultura e ricerca rispetto a gran parte dei
paesi d’Europa e del mondo. Ricordiamo che gli Stati Uniti spendono per ogni studente 24.370
dollari all’anno, la Gran Bretagna 13.506, la Germania 12.446, l’Italia, in coda, 8.026. Noi
vogliamo affrontare realisticamente i nodi, pensare anche a soluzioni ragionevoli da proporre alla
controparte governativa.
Per questo riteniamo molto importante che il Magnifico Rettore, in conformità con i documenti già
approvati dal Senato Accademico, dalle Facoltà, dai Consigli di Corso di laurea e dai Dipartimenti,
indica al più presto una giornata di informazione, di discussione, di ferma protesta dell’Università di
Cagliari, aperta ai rappresentanti delle istituzioni e alla cittadinanza, nella quale si sospendano
completamente tutte le attività relative alla didattica e alla ricerca.
Pensiamo che ciò costituisca un’assunzione di responsabilità da parte del nostro Ateneo nei
confronti dell’intera cittadinanza, e per questo organizzeremo, come in molte altre città d’Italia,
lezioni in piazza insieme con i nostri studenti.
Rivolgiamo infine un pressante appello alla CRUI affinché proclami nei tempi più ristretti una
giornata nazionale di protesta da parte dell’intera Università italiana, con assemblee e
manifestazioni in tutti gli atenei.
Per parte nostra vi invitiamo nella nostra Università a discutere e confrontarvi insieme a docenti e
studenti. Nei prossimi giorni organizzeremo manifestazioni aperte alle famiglie e a tutte le forze
sociali e sindacali. Analoghe iniziative saranno intraprese in altri atenei in Italia.
I docenti dell’ateneo di Cagliari
«Se gli studenti occupano io starò a osservare»
di Sabrina Zedda
Studenti delle scuole in marcia. Circa 400 studenti degli istituti superiori di Cagliari hanno sfilato per le strade del centro, lungo via Roma, largo Carlo Felice e corso Vittorio Emanuele fino a viale Trento, davanti al palazzo della Regione, per protestare contro i tagli alla scuola pubblica e i provvedimenti del governo in materia di istruzione. Aperto da bandiera della Cgil e chiuso da un gruppo di ragazzi in scooter, il corteo è stato scortato da mezzi dei vigili urbani e della questura. Limitati i disagi per il traffico.
Una lunga giornata di proteste. Dopo le facoltà del polo umanistico di Sa Duchessa, contro la legge 133 adesso scaldano i motori anche gli studenti del polo giuridico: se in Economia ci pensano soprattutto docenti e ricercatori a sensibilizzare sui pericoli della legge che vorrebbe imporre nuovi tagli all’università, in Giurisprudenza gli studenti hanno cominciato a organizzare le prime assemblee, mentre in Scienze politiche, dopo la proclamazione dello stato d’agitazione dei giorni scorsi, l’ultimo bollettino parla dell’occupazione dell’aula magna. Il rettore Pasquale Mistretta si schiera con gli universitari e precisa: «Sarò responsabile di ciò che succede verso la polizia».
Mistretta dalla parte degli studenti. L'etichetta di paternalista la rigetta completamente: come potrebbe, lui che è uomo delle istituzioni, schierarsi in modo così plateale a fianco degli studenti? Eppure il colpo di scena dell'altra mattina, durante l'assemblea convocata nella facoltà di Lettere dal preside Roberto Coroneo, è di quelli che ha spiazzato tutti. E sì, Pasquale Mistretta, rettore dell'ateneo cagliaritano, anche se ancora solo per pochi mesi, rivolto agli studenti in lotta contro la legge 133, che prevede nuovi tagli all'università e una sua possibile privatizzazione, ha detto che sì, per protestare vanno bene tutte le iniziative, ‹‹compresa l'occupazione››.
- Professor Mistretta, lei ha fatto la gioia degli studenti...
‹‹Forse è così, ma badate bene: io non ho detto “ok, occupate”, ma “vi lascio fare, se volete”. C'è una bella differenza››.
- Provi a spiegarla.
‹‹Ho semplicemente riconosciuto agli studenti il loro ruolo all'interno dell'Università. D'altronde in un certo senso sono anche i padroni degli spazi. Io starò a osservare, e sarò anche responsabile di ciò che succederà››.
- Ai ragazzi ha anche detto che all'Università difficilmente potrebbe entrare la polizia, perchè voi non l'avete mai fatta entrare.
‹‹Sarò responsabile di ciò che succederà anche davanti alla polizia, che credo farà il suo dovere se ce ne fosse bisogno››.
- Condivide quello che ha detto Berlusconi?
‹‹Le parole di Berlusconi si riferivano ai tafferugli. In generale io dico che si dovrebbe fare come negli stadi: se lì dentro quando si creano disordini intervengono le forze dell'ordine, perchè non dovrebbe avvenire lo stesso dentro all'università?››.
- Sarebbe però la peggiore delle ipotesi...
‹‹Questo l'ho già detto agli studenti: non voglio vetri e banchi rotti e d'altronde se s'arrivasse a tanto non li considererei più neppure studenti››.
- Vicino ai ragazzi ma allo stesso tempo con distacco, dunque?
‹‹Guardi, io sono stato uno, e la mia vita è lunga, che ha sempre partecipato a ciò che accadeva, ma mantenendo il mio ruolo. Sin da quando ero presidente dell'Opera universitaria (l'odierno Ersu) e si assistevano a scene come l'occupazione degli uffici amministrativi anche per 10 giorni, ho vissuto tutti i momenti. Insomma: ne ho visto abbastanza e penso che quando le motivazioni siano serie occorra agire di conseguenza››.
- Che cosa non condivide della legge 133?
‹‹Principalmente l'articolo 13, quello che parla della possibilità per le università di trasformarsi in fondazioni di diritto privato: ne sarebbe lesa la loro autonomia, soprattutto qui in Sardegna dove grandi imprese che potrebbero investire nell'università, se si esclude Tiscali e poco altro, non ce ne sono. Il rischio è che si faccia avanti il settore pubblico.››.
- Insomma, lei teme l'ingerenza politica. E le altre componenti dell'Università?
‹‹Della legge 133 gli studenti contestano soprattutto l'articolo 16 ovviamente. E ovviamente lo contestano anche i ricercatori e tutti i precari dell'università››.
- Beh, non è certo rassicurante avere come prospettiva nuovi tagli.
‹‹Già, c'è da dire però che il Consiglio d'amministrazione e il Senato accademcio hanno una certa responsabilità per aver favorito la moltiplicazione dei costi. In questo senso non posso dire che il 20 per cento del turn over prospettato dal governo sia sbagliato››.
- Tornando alla lotta sulla 133, come finirà?
‹‹Non resta che vedere cosa accadrà alle manifestazioni. Che avranno tre momenti: il primo domani, con la grande iniziativa organizzata dal Partito democratico. Il secondo il 30 ottobre, con lo sciopero organizzato dai sindacati. Il terzo il 14 novembre, nella nuova manifestazione a favore dell'istruzione››.
Scuola, Soru ricorre alla Consulta
Denunciata alla Consulta l’illegittimità dei tagli del decreto Gelmini
E’ guerra aperta tra regioni e governo. Dopo la breve luna di miele con la sanzione di una maggiore autonomia gestionale prevista dal federalismo, varato sulla carta un mese fa, il governo imbraccia il fucile e minaccia di commissariare quelle regioni che non “tagliano” le scuole secondo l’art.3 del decreto 154 della riforma Gelmini entro il 30 novembre. Una scure che colpirebbe i complessi scolastici con meno di 500 alunni: circa quattromila, secondo alcuni, poco meno di tremila, secondo altri. La contestazione più dura contro il governo è arrivata ieri dalla Regione Sardegna che ha deciso di impugnare la normativa davanti alla Consulta.
La Regione ha infatti deciso di sollevare questione di illegittimità costituzionale. «L’articolo 64 - sostiene una nota - viola infatti lo statuto speciale della Sardegna. Il decreto voluto dal ministro Gelmini - prosegue la Regione - pretende di determinare dall’alto l’assetto ordinamentale del sistema organizzativo e didattico della scuola, senza tener conto che la titolarità di tali prerogative appartiene, per disposto costituzionale, alle Regioni».
In serata anche il presidente del consiglio regionale della Sardegna, Giacomo Spissu ha espresso «pieno sostegno all’iniziativa della giunta, giudicando grave la decisione del governo nazionale e del ministro Gelmini di invadere competenze che sono anche regionalei». Oltre che per la Sardegna, comunque, il provvedimento governativo è di sicuro una mannaia per tanti piccoli centri e paesi. Gli amministratori locali hanno posto la rimozione di questo articolo del provvedimento come condizione per proseguire il confronto con il governo nel pomeriggio alla conferenza «unificata». Raffaele Fitto, ministro per le Regioni, ha chiesto «un approfondimento sulle richieste poste». E tanto si è spinto oltre lo scontro che la regione Sardegna ha fatto ricorso alla corte costituzionale, sostenendo che il decreto Gelmini lede l’autonomia della regione e viola l’art.118 della costituzione, che stabilisce le funzioni delle regioni.
Maria Stella Gelmini, presente all’incontro, si è appartata con il ministro Fitto propenso ad una sospensione e ha puntato i piedi. «Ha ragione il ministro Tremonti» ha detto «a pretendere il rispetto della norma che impone la razionalizzazione dei plessi scolastici». Norma, precisa, voluta dal centrosinistra, concepita dal ministro Bassanini nel 1998. Non è stata proprio una rottura formale. Perchè il ministro Fitto ha lasciato uno spiraglio alle regioni. Il presidente della Conferenza delle regioni Vasco Errani ha riconosciuto questo sforzo: «Ho visto il ministro Fitto impegnato a mantenere il dialogo per risolvere la questione. Noi aspetteremo, ma quello del commissariamento è un principio inaccettabile che noi abbiamo appreso solo dopo la lettura del testo del decreto». Prima dell’incontro, Errani aveva specificato che le Regioni considerano il commissariamento «un punto istituzionalmente gravissimo». Per l’amministratore «è gravissimo che le regioni siano venute a conoscenza di quest’articolo solo leggendo il testo, che peraltro riguarda la sanità e non la scuola, senza aver avuto dal ministero alcuna comunicazione».
Nessuna sorpresa invece per quanto riguarda il tempo pieno. Il premier Silvio Berlusconi, durante la conferenza stampa a Bruxelles, ha assicurato che il tempo pieno ci sarà e sarà aumentao del 50-60 per cento «perchè ci saranno più insegnanti a disposizione dopo la decisione del governo di tornare al maestro unico». I numeri però non sono così certi. Si parla di un taglio di 10.000 classi in scuole per lo più di zone montane o paesi isolati.
In piazza per l’istruzione pubblica
Cresce la mobilitazione nelle scuole e nelle università della Sardegna
SASSARI. C.v.d.: come volevasi dimostrare. Date le premesse, conseguenze scontate. «In Sardegna, con buona pace di Berlusconi, non circolano notizie ansiogene, ma c’è un’ansia diffusa sul futuro di scuola e università»: lo dicono in coro professori, padri, madri, studenti. Non piacciono le ultime sortite governative. Né la riforma Gelmini sull’istruzione obbligatoria. Né la legge «133» che stabilisce tagli indiscriminati nei due atenei dell’isola. Così le lezioni continuano un po’ dappertutto a singhiozzo: tra proteste, cortei, manifestazioni e (finora) nessuna occupazione.
La mannaia calata su cattedre e classi, la cancellazione dei precari, le difficoltà nel sostegno agli studenti disabili, le sforbiciate nei finanziamenti statali si sommano ad altri provvedimenti contestati. E suscitano disagio: un malessere molto spesso trasversale rispetto ai tradizionali schieramenti politici. In Sardegna non scendono in piazza solo le organizzazioni della sinistra. Lo stupore e la rabbia coinvolgono centro e forze moderate, ragazzi delle medie come delle superiori, genitori e intere famiglie preoccupate del domani riservato ai loro figli. Senza idee preconcette.
Se infatti il ritorno al maestro unico, il ripristino dei voti, la scomparsa delle Professionali produrranno effetti soltanto dal prossimo anno, già da ora fioccano i «no», le denunce, le prese di posizione. «Il taglio al personale della scuola e dell’università è un nuovo attacco al mondo del lavoro, un settore precarizzato da tempo, e dev’essere contrastato con un intervento della Regione»: così ha ricordato a più riprese il segretario generale della Cgil, Giampaolo Diana.
A pensarla come lui sono parecchi. Sit-in e assemblee si succedono così a ritmo incalzante a Sassari, a Carbonia, a Olbia nel capoluogo di regione e in tantissimi altri centri dell’isola. In particolare, nuovi interventi e iniziative si preparano in vista del grande raduno nazionale previsto per il 30 ottobre a Roma. E a Oniferi il Comune pensa di offrire un bonus di cinquecento euro ai genitori per favorire le iscrizioni alla scuola comprensiva (materna, elementare, media) a rischio chiusura nel paese.
Intanto a Cagliari il fronte degli universitari e dei docenti è compatto nel respingere una normativa che vedrebbe ridurre i fondi e la possibilità di trasformare gli atenei in fondazioni private. Prof e studenti lo hanno ribadito mercoledì in una riunione nella facoltà di Lettere. Sull’occupazione invece manca un accordo unitario. Così si è decisa la sospensione delle lezioni nella loro regolarità sino a giovedì. All’assemblea ha preso parte il rettore. Pasquale Mistretta si è detto aperto «alle forme lecite di protesta degli studenti e dei docenti». E ha chiarito che non accetterà alcuna strategia di contestazione che possa arrecare danni alle strutture universitarie.
A Sassari il nucleo della rivolta investe soprattutto Lingue, Lettere, Scienze politiche. Riunioni e assemblee continuano a succedersi in questi giorni nelle facoltà. Ieri, poi, centinaia di universitari sono sfilati in corteo per le vie della città con migliaia di ragazzi delle superiori sino in piazza d’Italia. L’iniziativa ha rappresentato il bis della grande adunata di sabato scorso, quando il coordinamento di protesta sassarese ha portato sulle strade oltre seimila persone. Bersaglio della rivolta, ancora una volta, il ministro Mariastella Gelmini, la legge numero 133 e la penalizzazione dell’istruzione pubblica.
11:57 Cagliari, lezione di storia al Bastione di Saint Remy
"I tagli del governo agli atenei provocheranno caos e degrado nell'Università italiana". E' questo il monito con cui Claudio Natoli, professore di Storia contemporanea all'Università di Cagliari, ha aperto, di fronte a circa 300 persone e agli sguardi degli incuriositi passanti, al Bastione di Saint Remy, la prima delle tre "lezioni in piazza" previste stamattina nell'ambito della protesta organizzata da docenti e studenti della facoltà di Lettere e filosofia del capoluogo sardo. Attorno la professore, alcuni studenti con indosso magliette "insanguinate" si sono stesi su drappi neri per rappresentare la scena di un omicidio, spiegando poi con uno striscione che "l'arma del delitto è la legge 133".
GELMINI, TREMONTI, BRUNETTA
LA MORTE DELL'ISTRUZIONE E' PERFETTA!
IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI
" BONDI, CARFAGNA, ALFANO E GELMINI:
BASTA MINISTRI BURATTINI! "
Stella stellina
La notte si avvicina
La scuola traballa
L’istruzione va nella stalla
Il grembiulino è bello
Spegnete un po’ il cervello
Alla scuola basta il mattino
Lo dice ogni bambino
Lo dice anche ogni mamma
Stella dimettiti e va a nanna
Non licenziate la RICERCA
W la "ricerca"... di un posto di lavoro
Noi l'abbiamo letta - ma a te chi te l'ha scritta?
E' arrivata la Gelmini per la scuola dei cretini.
Gelmini Sarta subito!
Studenti: si sta come d'autunno sugli alberi le foglie.
''SIAMO SUL BARATRO, MA QUESTA RIFORMA E' UN PASSO AVANTI'
Se l'educazione costa troppo, provate l'ignoranza !!!
Maestra unica e sola costretta ad insegnare tutte le discipline in 24 ore a 30 alunni per classe cerca psicoterapeuta
A Cagliari la protesta si colora di rosso
di Ottavio Olita
Crisantemi in mano, indosso magliette schizzate di rosso, “insanguinate”, tanti giovani distesi su un drappo nero sormontato da uno striscione con la scitta “L’arma del delitto è la legge 133”.
Per tre ore uno dei luoghi monumentali di Cagliari, il liberty “Bastione di St. Rémy”, che nell’ultima campagna elettorale aveva ospitato uno dei comizi di Silvio Berlusconi, è stato pacificamente occupato da alcune centinaia di studenti universitari che hanno ascoltato le lezioni di tre loro docenti: Claudio Natoli, professore di storia contemporanea, che ha parlato di ‘Costituzione, antifascismo e cittadinanza democratica’; le professoresse Anna Maria Loche, che ha parlato di filosofia, e Cristina Lavinio, di linguistica. Tra gli studenti, ad ascoltare, il preside di Lettere e Filosofia, la Facoltà dell’ateneo cagliaritano dalla quale nei giorni conclusivi della scorsa settimana è stata lanciata l’idea delle lezioni in piazza, che proseguiranno fino a mercoledì prossimo. Anche lui, il preside, Roberto Coroneo, soddisfatto per il successo di tutte le iniziative, ha voluto caratterizzare la propria presenza indossando un cartello che recava la scritta: “Studenti e docenti uniti per il futuro dell’Università”.
Nel pomeriggio la grande scalinata d’accesso alla Facoltà ha ospitato una performance dello scultore Pinuccio Sciola dal titolo “La musica delle pietre” e in serata c’è stata la proiezione del film “Farenheit 451” a cui è seguito un dibattito coordinato dai professori David Bruni e Antioco Floris.
Martedì, a partire dalle 17.30, per iniziativa degli studenti di ingegneria ed architettura, si terranno lezioni itineranti di storia ed architettura per le vie Cagliari che partiranno dal Bastione di Santa Croce, in pieno Centro Storico. Mercoledì saranno nove le lezioni che avranno come sede la Piazza del Carmine, lo spazio antistante il palazzo del Consiglio Regionale nella via Roma, di fronte all’ingresso del principale quotidiano della città e della regione, “L’Unione Sarda”, nel viale Regina Margherita. Poi, nella serata, sempre in Piazza del Carmine, si terrà l’assemblea generale degli studenti dell’Ateneo per definire le modalità del grande corteo di protesta che si snoderà per le vie del capoluogo giovedì 30 ottobre, in contemporanea con tante altre città italiane.
Fantasia, tanta pacifica determinazione, la voglia di far capire le proprie ragioni, altro che ‘facinorosi’! Gli studenti cagliaritani hanno anche inviato una lettera aperta ai giornalisti per spiegare completamente il senso della loro protesta: tutte le motivazioni fanno riferimento ad articoli della Costituzione che la legge 133 calpesta inesorabilmente. Qui sono in gioco il futuro del Paese, le sue competenze, la possibilità che l’Italia sia presente con le proprie forze nel mercato e nel confronto intellettuale di tutto il mondo! Altro che grembiulini, voto in condotta, maestro unico. C’è un territorio montano della Sardegna – giusto per fare un esempio – il Mandrolisai-Gennargentu, che rischia di veder scomparire tutte le scuole, dalle materne alle medie, in otto degli undici paesi della zona. Questa è la razionalizzazione della spesa? Possibile che nessuno dei parlamentari del cosiddetto Popolo delle Libertà possa o voglia porsi questo tipo di problema? Uno scatto di dignità potrebbe averlo anche un nominato, piuttosto che un eletto, visto che, comunque, sulla base della Costituzione occupa uno scranno della Camera o del Senato in nome del Popolo Italiano e non di chi, alle elezioni, ha collocato il suo nome in testa di lista. E, comunque, possibile che questa sciagura debba passare per decreto, senza discussione in aula? Dove finisce la Repubblica parlamentare?
anche se non c'entra niente vi invito ad ascoltare questa perla: http://www.youtube.com/watch?v=KkVJsjaEyPc&eurl=http://www.rifondazionecagliari.blogspot.com/
l'intervista a bertinotti in sardegna...chi è leghista?
W i Compagni del Medio Campidano con 3000 persone in piazza Sabato 25.10.2008.
Presto proclameremo la Repubblica Socialista del Middle Campidain
Nel caso sono pronto a stare sulle barricate per difendere la repubblica socialista dalle truppe controrivoluzionarie bianche
E magnum pillai?
anche se non c'entra niente vi invito ad ascoltare questa perla: http://www.youtube.com/watch?v=KkVJsjaEyPc&eurl=http://www.rifondazionecagliari.blogspot.com/
PER QUALE MOTIVO DOVREBBE ESSERE CONSIDERATO LEGHISMO? ALLORA ERANO LEGHISTI ANCHE GRAMSCI E LUSSU?....BEATA IGNORANZA...SIETE PEGGIO DELLA GELMINI
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30/10/2008 - Claudio Cugusi aderisce al gruppo del Partito democratico (di Daniele Murgia - da isardi.net)
Con una dichiarazione sentita in Consiglio comunale, Claudio Cugusi ha aderito ieri al gruppo del Partito democratico. E con lui aderiscono ai gruppi del Pd tutti gli amministratori pubblici del Movimento sardista eletti nelle circoscrizioni e nei consigli comunali della Provincia di Cagliari e del Medio Campidano.
L'ingresso di Cugusi segue la decisione del Movimento Sardista e delle organizzazioni collegate che chiudono così la lunga esperienza con 'il Partito della Rifondazione Comunista' per confluire nelle file del 'Partito Democratico'.
Una scelta che apre un nuovo percorso politico per tutto il Movimento a sette mesi di distanza dalla feroce polemica tra Michele Piras, segretario Regionale del Prc e Cugusi, che aveva contestato tutto il percorso della fallimentare lista elettorale della Sinistra Arcobaleno in occasione delle scorse elezioni politiche del 13 aprile scorso. Fatti che hanno spinto il 'Movimento Sardista' a trovare una nuova strada per realizzare la propria politica.
Le motivazioni dietro alla scelta di confluire nel 'Pd' sono state spiegate in aula dallo stesso Cugusi.
'Non è stata una decisione leggera ma un percorso sentito che ci ha portato a riflettere per mesi nelle nostre assemblee. La nostra storia politica nasce nelle associazioni culturali e diventa movimento, fino all'alleanza politica con il Partito della Rifondazione Comunista. Le ragioni di quella alleanza sono superate. C'è bisogno in Italia come in Sardegna di una grande forza socialista, riformista e anche autonomista. Una forza che non cada nel facile populismo o nella sterile demagogia ma che sappia gridare no quando è utile e al tempo stesso sappia proporre alternative concrete di governo, dalla parte dei bisogni delle persone. Salutiamo con rispetto i compagni del Prc: siamo convinti che molti di loro non li perderemo per strada, siamo convinti che ci troveremo presto sugli stessi banchi e nelle stesse piazze. Confluisco nel gruppo e mi dichiaro a disposizione'. Parole chiare che danno il via ufficiale alla nuova strada politica scelta dal direttivo del 'Movimento Sardista'. Una strada da percorrere tenendo sempre presenti i valori del socialismo e quelli del sardismo.
Daniele Murgia
Torna a casa Cugusye.
é iniziato il percorso di ritorno all'ovile dell'ex delfino di Grauso....
Spaccatura nel Prc, si va alla scissione
Marzia Bonacci, 04 novembre 2008, 17:11
Politica Con un'intervista a Il Manifesto Migliore annuncia che l'area vendoliana farà una lista unitaria con Sd per le elezioni europee e che si lavorerà ad un nuovo partito. Di fatto l'uscita da Rifondazione. Freddezza dalla maggioranza, soddisfazione del movimento di Fava e della componente del PdCI che fa capo alla Belillo
Scissione è una parola che non pronuncia mai, ma le prospettive politiche che richiama non possono che implicarla. Gennaro Migliore, intervistato da Il Manifesto, non ha ambiguità nel dire ciò che deve dire: liste aperte a chi ci sta e opposizione unita, anche col Pd. Ma soprattutto, si procede anche senza avere alle spalle Rifondazione.
Dunque la frattura con la maggioranza del partito di Ferrero e Grassi è cosa ufficiale e avrà come banco di prova le elezioni europee, quando la sua area politico-culturale Rifondazione per la sinistra correrà insieme alla Sinistra democratica di Fava. Cade ogni tentennamento, proprio nel momento in cui si fa sempre più chiaro che si andrà a votare con l'attuale sistema elettorale. Scansato il pericolo delle soglia di sbarramento al 5%, dunque, i vendoliani rompono gli indugi e rilanciano il progetto di unità a sinistra che si attivi già con la tornata europea.
Primo referente, il movimento di Mussi, ma non c'è chiusura: "Ragioniamo insieme a Verdi e PdCI", suggerisce il coordinatore dell'area ed ex capogruppo del Prc alla Camera, mantenendo aperto, almeno formalmente, anche uno spiraglio di confronto con i suoi compagni interni, perchè "anche la maggioranza di Rifondazione comunista non può più rappresentare la situazione a colpi di falce e martello". Il punto politico, secondo lui, è che "l'idea di una lista unitaria è oggi più forte" poiché è cambiato, per fortuna, il contesto sociale. "A Chianciano - dice- si parlò di un deserto sociale che invece mi sembra piuttosto affollato", oggi diversamente da qualche mese fa, "possiamo spostare a sinistra tutta l'opposizione, compreso il Pd".
Per questo la prospettiva di Ferrero e Grassi non ha senso nel nuovo contesto, dove a rendersi necessario è un antagonismo largo a Berlusconi. Anche con la formazione di Veltroni, rispetto a cui "sono sicuro è possibile una convergenza sull'agenda sociale", per arrivare ad "una iniziativa comune fino ad una mobilitazione generale". Dal punto di vista sociale questa anima della sinistra, parallelamente ad una opposizione larga, deve vedere anche uno sbocco formale. Primo step sarà nel 2009.
Lista unitaria per Strasburgo, ma non semplice cartello elettorale: "lo schema chiuso e federativo dell'arcobaleno è morto e sepolto", spiega. Il che significa che si procedere verso un nuovo partito della sinistra unita, che però non "può nascere in base alle idee di un gruppo dirigente", ma dovrà vedere "consultazioni di massa", con "migliaia di persone che decidano sul simbolo come sulle regole di convivenza e la carte di intenti".
Le parole di pag.6 del quotidiano comunista sono accolte con scetticismo e freddezza a via del Policlinico. Claudio Grassi, responsabile organizzazione del partito, ci spiega perché. "Il congresso ha democraticamente deciso un'altra strada", per cui la prospettiva dei vendoliani "è una proposta alternativa a quella del Prc". Dunque? "Dunque è una ipotesi evidente di scissione", che non può che "colpire negativamente" perché "metterà in difficoltà l'unica forza che esiste a sinistra del Pd, cioè Rifondazione". Era inevitabile, però? "No, mi ha invece stupito perché emerge proprio adesso, quando il governo è in difficoltà e la società è in movimento, come anche il popolo del sindacato e della sinistra".
Soddisfatta invece la Sinistra democratica. "Da dopo le elezioni di aprile abbiamo sempre cercato di lavorare ad una forza unitaria della sinistra", ci dice Nuccio Iovene, che spiega anche come essa debba strutturarsi: "una forza radicata nel territorio e ispirata a valori e contenuti che mai come oggi sono attualissimi". Del resto, aggiunge, "mi sembra che ci siano attualmente le condizioni per far nascere un nuovo centrosinistra", perché il movimento della società regala forza "a quanti di noi sono convinti di poter pensare di spostare a sinistra il Pd e l'opposizione".
Nel PdCI le parole di Migliore tradotte in fatti potrebbero significare la triplice spaccatura. Oliviero Diliberto e i suoi riunificati nel Prc di Ferrero e Grassi per l'unità dei comunisti, Marco Rizzo pronto a lavorare ad una costituente con gli altri atolli dispersi (Marco Ferrando del Pcl in testa) e, infine, Katia Bellilo disponibile, insieme a Umberto Guidoni, ad una convergenza con l'area di Rifondazione uscente. La morte del partito dei comunisti italiani dunque. Ci spiega Belillo che la prospettiva di partecipare alla lista unitaria la convince a patto che "non sia una riproposizione del vecchio arcobaleno, un semplice cartello elettorale dei gruppi dirigenti, ma persegua invece uno sbocco partitico". Un partito della sinistra unita di cui, secondo lei, ha bisogno anche il Pd "per non rimanere affossato nel centrismo e nel conservatorismo". Un partito che già immagina come "capace di sintetizzare le istanze di sinistra che provengono dalla società e le diverse culture politiche che la sinistra porta con sé". Con una semplice definizione: "che sappia far rivivere la tradizione del Pci, massimo esempio di sintesi dei molteplici modi di essere sinistra che esistevano e esistono nel paese".
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