sabato 27 settembre 2008

Paolo Ferrero ad Affaritaliani.it: nessun riavvicinamento con Veltroni


Venerdí 26.09.2008 10:32
"Non vedo elementi di riavvicinamento" con il Partito Democratico. Lo afferma ad Affaritaliani.it il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero. "E' vero che Veltroni si è messo a fare opposizione con toni più duri nei confronti di Berlusconi, però, ad esempio, nulla è cambiato rispetto a Confindustria e rispetto e ai temi fondamentali. Saluto positivamente questi toni più duri di Veltroni contro il premier, ma francamente non vedo cambiamenti di rotta strategici. Rapporti ovviamente ne abbiamo con il Pd, ma continuo a pensare che non vi sono le condizioni per un accordo organico e di governo con il Partito Democratico". E le relazioni con gli altri partiti della sinistra radicale? "Ci sono rapporti, tant'è che facciamo insieme la manifestazione dell'11 ottobre con Verdi, Comunisti Italiani, Sinistra Democratica e con tutte le forze della sinistra". Con la legge elettorale per le Europee che vuole la maggioranza - sbarramento al 5% - è possibile riproporre un'alleanza dei partiti della sinistra? "Abbiamo deciso di andare con il simbolo di Rifondazione Comunista e in ogni caso questa discussione verrà fatta, se la legge ci sarà, dopo e non prima. Ora non entro nel merito. La decisione è quella di andare con il simbolo di Rifondazione e di cercare convergenze sul nostro simbolo con chiunque ci stia e sia disponibile. Se poi ci saranno fatti nuovi che ci obbligano a ridiscutere... ridiscuteremo ma questa è stata la scelta decisa dal congresso". E infine: "Sono impegnato a costruire un'opposizione di sinistra in questo Paese, che deve partire dalla piazza anche perché in Parlamento non c'è".

9 commenti:

Mauro Piredda ha detto...

All'esecutivo regionale PRC
ai coordinatori provinciali GC

Non si tratta di rispondere con un si o con un no sull'opportunità di manifestare contro il governo Berlusconi e per rilanciare l'opposizione politica e sociale del partito e della sinistra in Italia. La domanda è indirizzata ai dirigenti regionali del nostro partito che, stando a quanto affermato ieri (26 settembre) nel "CPF" di Sassari dal tesoriere uscente..."non ci danno un becco di un quattrino per andare a Roma!". Vorrei sorvolare, per ora, su ogni paragone col 20 ottobre 2007 (del quale ignoro i dettagli sulla cifra stanziata), ma vorrei soffermarmi brevemente su un passaggio dell'ultimo documento politico della segreteria regionale che dice

...la buona riuscita della manifestazione dell'11 ottobre non può che derivare da una serie di fattori: primo fra i quali ciò che riusciremo a produrre noi di politicamente e socialmente rilevante, in queste settimane.

Penso infatti che l'11 ottobre non sia uno strumento per fare un bilancio di queste settimane ma dev'essere, incentivandone massicciamente la partecipazione, uno dei tanti punti di partenza per ricostruire un partito che nel frattempo, in queste settimane, mi auguro produrrà a livello regionale almeno dei volantini per il NO ai tre referendum regionali.

Ma se il "che fare?" è indirizzato ai nostri dirigenti, questa lettera aperta è indirizzata alle strutture dei GC in Sardegna e chiedo una cosa molto semplice: se sia il caso di fare qualcosa che ci comporterà ingenti sacrifici pur di racimulare abbastanza pecunia, o se sia il caso di far convogliare tutte le nostre forze per una manifestazione regionale (come quella programmata a Oristano). In entrambi i casi è bene mettere in moto una macchina organizzativa che preveda appelli alla partecipazione e luoghi di incontro. Chiedo una risposta a voi compagni!

Saluti comunisti
Mauro Piredda

Anonimo ha detto...

RIFONDAZIONE · Comizi concorrenti per l'ex presidente e il segretario
Bertinotti: Italia e Europa, la sinistra è schiantata
Daniela Preziosi(il manifesto 26/09/08)
ROMA


L'applauso, certamente, c'è. Quando Fausto Bertinotti entra nel tendone della liberafesta di Garbatella, la festa dei 'suoi', i suoi applaudono. Sono almeno trecento. Ma, al netto delle proporzioni numeriche, della standing ovation del congresso, dell'orgoglio e della rabbia della sconfitta finale non è rimasto molto. I fedelissimi sono ancora quasi tutti in prima fila, certo lo stile è cambiato, ci sono meno tailleur e giacche blu in giro, nessuno fa più il parlamentare. Ci sono Franco Giordano, Graziella Mascia, Rosy Rinaldi, Patrizia Sentinelli, Chicca Perugia, Elettra Deiana, Luigi Nieri. Gennaro Migliore arriva un po' più tardi e resta a metà sala fra i compagni. Insomma sono tutti presenti, o quasi. Il popolo che crede nell'unità della sinistra nutre ancora più che affetto verso il padre rifondatore, non leader ma dolce signore e padrone della minoranza. Ma non ha chiara la direzione di marcia, chiede consigli e direzione politica. Bertinotti invece ha fatto sapere che si terrà più sulle generali. Per rispetto del suo non-ruolo nel partito, vuole occuparsi di teoria politica, sta lavorando alla sua fondazione che sarà appunto il pensatoio dell'area. Non a caso il prossimo numero della sua rivista, Alternative per il socialismo , sarà un volumetto monotematico sul futuro della sinistra. Conterrà anche un lungo articolo di Paolo Ferrero. Soprattutto, Bertinotti non vuole dare indicazioni direttamente politiche per rispetto verso Nichi Vendola, leader della minoranza, a cui aveva rubato appunto l'applauso più lungo al congresso. Vendola domani concluderà l'incontro nazionale 'le belle bandiere', che nell'idea di molti doveva essere il 'segnale' della nascita di una nuova cosa unitaria, persino già un partito, come chiedeva ieri Fabio Mussi dalla prima di Liberazione. Probabilmente non sarà niente di tutto questo. Ma Bertinotti vuole tenersi sulle generali. Rivendicando alla sinistra e ai social forum di aver fatto migliori analisi della fase economica rispetto «alle grandi cattedrali del capitalismo». Spiegando Keynes, alla platea che religiosamente ascolta. Ma poi la passionaccia del leader prende il sopravvento: «Bisogna mettersi in testa di ricominciare». E' il mantra della festa, ma detto da lui ha un altro sapore. Sembra voler dire: questo Prc, cioè quello di Ferrero, che contemporaneamente sta parlando dalla festa cittadina del partito, sulla Palmiro Togliatti, ancora non ha 'ricominciato'. «Se non si ricomincia - dice Bertinotti - non si riesce neanche a capire perché si è perso». E la sconfitta della sinistra «è storica» e continentale. La sua analisi è una lapide: «La sinistra in Europa non c'è più», e non c'è più in Europa - e non altrove perché qui storicamente prende ispirazione dal movimento operaio e dal lavoro come fondamento di trasformazione. La sinistra non c'è «perché tutte le sue grandi culture sono state schiantate», e c'è poco da illudersi sui successi della Linke tedesca, «anche il Prc sfiorò il 9 per cento, il Pc francese il 10 e l'Izquierda spagnola il 13». Ma se «vogliamo metterci in cammino bisogna avere una grande ambizione, non possiamo più partire dall'esistente». Il realismo rischia di apparire cautela. La sinistra non c'è in Europa, e nel prossimo parlamento europeo rischia di non avere i numeri per fare un gruppo autonomo. Bertinotti non lo dice, ma il problema di un rapporto con il partito socialista europeo è nelle cose. Come è nelle cose che le sue parole suonino come una risposta, un controcanto, a quello che sta dicendo dall'altra parte, davanti a ottocento persone, il segretario del suo partito, con tutta un'altra intenzione. E che va ripetendo spesso in questi giorni, a chi gli chiede dell'unità della sinistra: lui, invece, pensa che vada ricostruito «il conflitto di classe, il movimento operaio, qualcosa di più grande di un partito».

Anonimo ha detto...

Roma, 19:32
VENDOLA, NON VOGLIAMO METTERE ASSIEME SCORIE COMUNISMO
A sinistra, ma lontani dalle "scorie del comunismo". Nichi Vendola lancia a Roma "l'area politico-culturale", Rifondazione per la sinistra. Il governatore della Puglia, dopo la sconfitta al congresso di Chianciano del luglio scorso, stringe le fila di quello che da molti viene considerato un partito nel partito, oggi guidato da Paolo Ferrero, e che vede tra i suoi promotori gli ex segretari Prc, Fausto Bertinotti e Franco Giordano, e l'ex capogruppo alla Camera, Gennaro Migliore. Obiettivo la costituente della sinistra e la ripresa del dialogo con il Pd. "Non ci si puo' rinchiudere - dice Vendola al Tg3 - in un fortino identitatrio, inseguendo il mito della riconnessione di tutti i frammenti e delle scorie di tutti i tipi di comunismo. Questo per la sinistra e' il tempo di scendere in mare aperto". Vendola sottolinea: "Siamo impegnati a trasformare la linea di Rifondazione comunista. Siamo impegnati alla nascita di una nuova grande sinistra di popolo, che sia capace di sfidare le destre, di sfidare la fabbrica delle paure. Di ricostruire un principi comunitario e collettivo di speranza".

Anonimo ha detto...

Rifondazione per la sinistra si fa associazione
Vendola lancia il «tesseramento oltre il Prc»


Rocco de benedectis/Today
Angela Mauro
«Scissione, scissione...». Il coretto a un certo punto parte, timido, dal centro della platea. E' solo sussurrato, quanto basta per farsi sentire. E' un'ora che Nichi Vendola parla sul palco della festa della sua area nel Prc, Rifondazione per la sinistra (Rps) che a Roma in questi giorni si è data appuntamento per dibattiti ed eventi vari al Parco Brin della Garbatella, storico quartiere della capitale. Parole, dal governatore della Puglia che insiste sul «problema di ricerca di vocabolario per la sinistra», sconfitta dalla «mafia delle parole della tv». Parole, ma il pubblico (almeno una parte delle centinaia di persone raccolte sotto il tendone allestito al parco Brin) attende quella fatidica che indicherebbe la separazione definitiva dalla maggioranza di Rifondazione che ha vinto il congresso di Chianciano. Scissione. Ma Nichi non la pronuncerà.
Lo sente dal palco il suggerimento, l'attesa della platea. Non glissa. «Dentro o fuori il partito? Ritengo più urgente rispondere ad altre domande: cosa facciamo, quali sono i pezzi di nuova sinistra che vogliamo mettere insieme...». Insomma, pazienta il leader di Rps, «non c'è un'ora X per la costituente di sinistra», ma «bisogna mettersi in cammino per trovare quelle "belle bandiere" capaci di raccogliere gente, perchè io non mi impicco ad una bandiera, ad un simbolo, ad una nostalgia: voglio una sinistra che trasformi il mondo». La critica ai coinquilini nel partito, a «chi fa politica come se fosse una seduta spiritica per rievocare spettri da idolatrare», c'è tutta. Ma per il momento il passo più concreto che Rps è decisa a compiere è, spiega Vendola, «costituirsi in associazione e avviare un proprio tesseramento oltre i confini del Prc». Il resto è «costruire ponti, dire tutta la verità anche sul Pd che è troppo governista, che esce da destra dalla crisi della sinistra, basta con il tempo delle menzogne a fin di bene (leggi Pci, ndr.), ma non bisogna rinunciare ad una cosa più larga che si opponga alle destre». In sala c'è Vincenzo Vita di "A sinistra", associazione nel Pd. Annuisce: «Il punto è favorire il «dialogo tra le opposizioni, tra le diverse piazze delle opposizioni a Berlusconi». Ieri, quelle organizzate dalla Cgil: al tendone del parco Brin parla anche Guglielmo Epifani, sullo schermo, in differita da piazza Farnese. L'11 ottobre, la piazza della sinistra: «Dipende da noi farne un appuntamento non residuale, non identitario», indica Vendola. E poi quella del 25 ottobre, promossa dal Pd. «L'Italia - osserva il governatore pugliese - non ha bisogno di piazze contrapposte». Dialogo, come quello che l'europarlamentare Roberto Musacchio tenta in Europa con il Pse contro la direttiva sull'allungamento dell'orario di lavoro. Anche in questo caso si invoca la piazza comune: «Manifestazione unica delle opposizioni, facciamo a Bruxelles quello che non è riuscito in Italia», dice Musacchio.
Più che un appuntamento di Rifondazione per la sinistra, questa prima assemblea nazionale dell'area Vendola sembra già un evento/esperimento della "sinistra" in senso largo. C'è gente di Sd, del Pdci (mozione Belillo), militanti sparsi. Non serve fare l'elenco dei big. Come dice la moderatrice dell'assemblea, Patrizia Sentinelli, «qui sono tutte persone autorevoli». Si sa che bisogna uscire dal tendone. «Farsi attraversare dalla pioggia» (incita Vendola) di una società inondata da un «analfabetismo che non è dovuto al non accesso alle informazioni, ma ad un eccesso di informazioni senza profondità»,spiega Scipione Semeraro. La pioggia, a un tratto, arriva davvero, scrosciante sul tendone. E la realtà bussa ai capannelli raccolti vicino all'irriverente bar allestito per la festa, che addirittura trasforma i big in cocktail (un "Bertinotti" è whisky più amaretto, un "Vendola" è whisky più martini rosso, e così via, tutto a 2 euro). «A Foggia hanno sparato ancora...», si dicono due. Altri si scambiano i contatti per future mobilitazioni sulla scuola, contro la ministra Gelmini. Dal palco Filippo Miraglia dell'Arci, Claudio Fava e non solo loro parlano di Castelvolturno, quell'esperimento malridotto di convivenza tra immigrati e nativi colpito dalla strage di Camorra dieci giorni fa. «Lì l'unica opposizione alla criminalità sono gli immigrati e i preti della Caritas», dice il leader di Sd che ci è appena stato nel casertano. «Ma quale guerra tra bande o guerra civile - urlerà poi Vendola - Nè Maroni, nè La Russa: la Camorra vive grazie alla connivenza con le istituzioni e con certa politica». E preme anche la realtà dei tagli all'editoria voluti da Tremonti: è solidarietà indiscriminata ai più colpiti, Liberazione , il manifesto .
Sembrerebbe chiaro a tutti, al tendone, che la logica da Transatlantico per il momento va accantonata. «Ago e filo, squadra e compasso: dobbiamo ragionare sui motivi di una sconfitta che viene da lontano», dice Vendola, particolarmente colpito, forse "sopraffatto", dalle domande della femminista storica Maria Luisa Boccia: «Come si fa a inserire nel pensiero della sinistra del XXI secolo le parole del femminile e i silenzi del maschile?». Ricerca al via. «Qui e ora i cantieri della nuova sinistra», esorta Vendola. «E se nel mio partito prevarrà la voglia di unità dei comunisti (Prc più Pdci) la contrasteremo». Le parole volano sulle europee, sapendo che «il problema non è solo lo sbarramento elettorale, che va comunque contrastato, ma quanto lo sbarramento sociale», continua Vendola. E poi le preferenze: «No all'abolizione, ma se il disegno del governo dovesse passare, chiederemo al Prc di comporre le liste con una consultazione democratica sul territorio».

liberazione 28/09/2008

Anonimo ha detto...

Prc, Ferrero: Vendola mente per delegittimarci


ROMA (28 settembre) - «Restaurazione comunista? Ma quando mai»: il segretario del Prc, Paolo Ferrero, reagisce alle critiche piovutegli addosso da Nichi Vendola, che ha minacciato di essere pronto a lasciare il partito se non sarà modificata la linea «veterocomunista» uscita vincente dall'ultimo congresso nazionale. Ferrero si difende sostenendo che gli uomini della minoranza di Vendola «invece di lavorare per il rilancio di Rifondazione lavorano a raccontare falsità ». «Ci descrive come trinariciuti pazzoidi - dice Ferrero di Vendola - per delegittimare Rifondazione e poter proporre come soluzione l'unità della sinistra, cioè una sinistra moderata ala esterna del Pd».

Il rimprovero principale che Ferrero fa alla minoranza è di «non capire che il Pd non ha nulla a che vedere con la sinistra», perché ha abbandonato la difesa degli interessi di classe. Ferrero nega di volere la «costituente comunista», ossia l'unità con il Pdci di Diliberto: il documento congressuale, sottolinea, non ne parla. Quanto alle alleanze per le europee, Ferrero invita a parlarne a febbraio: parlarne ora, senza sapere con quale legge si voterà, «sarebbe demenza politicista».

Infine, il problema di Liberazione. Ferrero conferma la gravità della situazione e risponde duramente al direttore Sansonetti, imputandogli una buona parte della responsabilità della crisi: dei quattro milioni di passivo del giornale, afferma, «due sono al netto della sciagurata legge sull'editoria. Io sono assolutamente contrario all'idea di liquidare Liberazione, sono per rilanciarla, ma questo vuole dire fare un piano editoriale che permetta di vendere più copie e avviare una ristrutturazione in modo da ridurre i costi».

Anonimo ha detto...

27 settembre, parco Brin: i nostri qui e ora
Scritto da Redazione

L’applauso più lungo e partecipato, con le mani battute a ritmo come in un corteo, come ad accompagnare uno slogan, arriva quando Nichi Vendola esclama, alzando improvvisamente la voce: “Basta con gli annunci. Basta col dire che abbiamo deciso che decideremo. Noi dobbiamo aprire qui e ora i cantieri della nuova sinistra. Dobbiamo iniziare qui e ora il percorso costituente”. Qui e ora...

Qui. A Roma, Parco Brin, Garbatella, quartiere un tempo periferico, oggi di gran moda in virtù delle sue magnifiche ex case popolari, e tuttavia in larga misura ancora abitato da quelli che ci sono andati a vivere quando, qualche decennio fa, dire Garbatella, nella capitale, significava intendere periferia estrema. Sotto un tendone che non ce la fa a coprire da qualche sporadico scroscio di pioggia le circa milleduecento persone arrivate per verificare se davvero stavolta c’è il caso che a sinistra nasca qualcosa di nuovo, riparta una speranza, si apra una possibilità di impegno reale, o se siamo, tanto per cambiare, all’ennesima sventagliata di parole.
Qui. Nella prima assemblea dell’area “Rifondazione per la Sinistra”, nata la sera stessa della sconfitta della mozione Vendola al congresso del Prc di Chianciano ma con l’ambizione di andare oltre i suoi confini, di non restare una corrente di partito, sia pur fortissima (il 47,3% di Rifondazione), ma di dar vita a un’area tanto interna quanto esterna a quel partito. Il nucleo fondante di un nuovo soggetto politico.

Ora. Il 27 settembre del 2008, anno di grazia che a sinistra nessuno dimenticherà mai. L’anno dell’uragano. L’anno di una catastrofe che ha spazzato via tutto quel che c’era e che pareva solidissimo. Una tempesta devastante i cui effetti hanno appena cominciato a dispiegarsi e che minaccia di cancellare anche le ultime tracce della sinistra italiana.
Di questa sconfitta, delle sue ragioni profonde, delle sue radici e del quadro desolato che ci ha consegnato, avevano già parlato in molti. Maria Luisa Boccia, nella sua ricchissima relazione introduttiva. Scipione Semeraro, soffermandosi sul fronte del lavoro, Massimo Serafini, piazzando sotto l’obiettivo l’ambiente. Ma ci torna più e più volte anche Vendola, perché nulla oggi è più pericoloso e scioccamente rassicurante, del fingere di aver già capito tutto di quel disastro, o del convincersi che non ci sia niente da capire. Colpa nostra. Non siamo stati abbastanza combattivi. Basta tornare in piazza, ricollocarci nei territori, urlare forte, manifestare qualche volta, rinominarci “partito sociale” e l’incubo svanirà, tutto tornerà come prima.
Non è così. Perché la sconfitta non è solo faccenda “di flussi elettorali”. Prima di quei flussi, a determinarli, c’è stata la capacità della destra di imporre “un sistema di sogni di incubi, sino a far condividere a quella che viene di solito definita ‘opinione pubblica’ i suoi di diseguaglianza e i suoi incubi securitari”. Non è così. Perché ancor prima di quell’offensiva, culturale ancor più che politica, della destra italiana, viene una trasformazione del processo produttivo che ha reciso gli antichi e costitutivi legami della sinistra storica con il lavoro.
Non son cose che si possano affrontare proclamandosi partito sociale e urlando forte per darsi coraggio, come bimbi persi nel buio. Occorre molto di più. Una capacità di mettere in moto contemporaneamente nuove analisi e nuove forme organizzative, entrambe capaci di liberarsi dai condizionamenti del passato, entrambe adeguate ai tempi con i quali la sinistra è chiamata e obbligata, pena la scomparsa, a confrontarsi.
“C’è una sinistra – dice Vendola – che vuole dissolversi usando il vocabolario delle compatibilità. C’è una sinistra che vuole seppellirsi usando il vocabolario della testimonianza. Sono due facce della stessa medaglia”.
Tra questi due estremi falsamente antagonisti c’è l’oceano in cui dovrà muoversi il nuovo soggetto della sinistra italiana ed europea, le pagine bianche da riempire inventando un nuovo vocabolario. Questo e non altro è il suo compito.

Ma le gente che ha passato il suo sabato alla Garbatella non attende solo analisi. Aspetta qualche indicazione concreta, qualche segnale sul che fare. Dentro Rifondazione, la parola scissione non la pronuncia nessuno ma la pensano tutti. Qualcuno auspicandola, qualcuno temendola, qualcuno, i più, oscillando incerti. “Invece di chiederci come ci collochiamo, se dentro o fuori Rifondazione – suggerisce Nichi Vendola – domandiamoci cosa facciamo, come intrecciamo i fili della sinistra”.
La sua indicazione è secca. Iniziare subito un tesseramento dell’area, aperto anche a chi non faccia parte del Prc. Non è una scissione. E’ un passo reale, però, e di quelli che non prevedono retromarce possibili. Gli applausi scrosciano di nuovo. Come quando Claudio Fava, qualche ora prima, aveva affermato che non si può ripetere in eterno che “abbiamo fatto il primo passo”. Siamo già oltre, e non ha senso chiedersi “se debba venire prima il contenuto o il contenitore. Il contenuto del nuovo soggetto siamo noi. Sono quindici di anni di lotte a sinistra della sinistra”. O come quando Alfonso Gianni, in mattinata, aveva ripreso l’intervista di Fabio Mussi a “Liberazione” per dire chiaro, per una volta senza giochi di parole, che serve un nuovo partito. Nulla di meno.
Fava ha tutte le ragioni. L’assemblea di ieri a Roma non è un primo passo. Non apre una fase. Al contrario, ne chiude una. E’ l’ultima scena di un prologo, l’ultima sede nella quale si potessero fare annunci, esprimere auspici. Il soggetto di cui parliamo da mesi, nelle prossime settimane, dovrà passare la prova del fuoco, che è sempre e solo quella dei fatti. Dovrà darsi una fisionomia, cioè dar vita a un coordinamento comune tra tutte le aree che compongono, iniziare il tesseramento annunciato da Vendola, moltiplicare le iniziative comuni, aprire, ovunque possibile, le case della sinistra, forse trovare una sede centrale che dia il senso, anche simbolicamente, della comparsa in campo di una soggettività nuova. E alla fine riuscire a imporre una presenza condizionante, egemonica, nelle manifestazioni del prossimo autunno, da quella dell’11 ottobre allo sciopero generale della scuola.

Se non ci riusciremo più che di belle bandiere si dovrà parlare, e non per la prima volta, di belle parole. E le parole, fossero pure le più belle, profonde, intelligenti e analiticamente ben attrezzate, stavolta proprio non possono bastare

Anonimo ha detto...

She walks like she dont care.
Smooth as silk, cool as air.
Ooh, it makes you wanna cry.

She doesnt know your name and your heart beats like a subway train.
Ooh, it makes you wanna die.

Ooh, dont you wanna take her?
Wanna make her all your own?

Maria.
Youve gotta see her!
Go insane and out of your mind.
Latina.
Ave maria.
A million and one candlelights.

Ive seen this thing before.
In my best friend and the boy next door.
Fool for love and fool of fire.

Wont come in from the rain.
Sees oceans running down the drain.
Blue as ice and desire.

Dont you wanna make her?
Ooh, dont you wanna take her home?

Maria.
Youve gotta see her!
Go insane and out of your mind.
Latina.
Ave maria.
A million and one candlelights.

Ooh, dont you wanna break her?
Ooh, dont you wanna take her home?

She walks like she dont care.
You wanna take her everywhere.
Ooh, it makes you wanna cry.

She walks like a she don't care.
Walking on imported air.
Ooh, it makes you wanna die.

Maria.
Youve gotta see her!
Go insane and out of your mind.
Latina.
Ave maria.
A million and one candlelights.

Maria.
Youve gotta see her!
Go insane and out of your mind.
Latina.
Ave maria.
A million and one candlelights.

Maria.
Youve gotta see her!
Go insane and out of your mind.
Regina.
Ave maria.
A million and one candlelights.

Maria.
Youve gotta see her!
Go insane and out of your mind.
Latina.
Ave maria.
A million and one candlelights.

Anonimo ha detto...

Parola d'ordine: Chiavi inglesi sui vendoliani.

Anonimo ha detto...

e magnum pillai?